Category Archives: polizze eventi catastrofici

Poche case assicurate contro le catastrofi naturali, ma il Governo pensa a degli incentivi

 

Poche case assicurate contro le catastrofi naturali,
ma il Governo pensa a degli incentivi

Che la cultura della gestione del rischio in Italia debba ancora fare molti passi è un fatto, lo dimostrano le cifre statistiche che riguardano un bene primario per le famiglie, la casa. Infatti, solo il 95% delle abitazioni italiane non è assicurato contro le calamità naturali e non possiamo certo dire di essere un Paese esente da rischi idrogeologici, meteorologici e sismici. Eppure la percentuale sale addirittura al 98% se si guarda allo specifico rischio terremoto. Solo l’ultimo terribile sisma del Centro Italia ha prodotto danni diretti e indiretti per oltre 23 miliardi, secondo i calcoli della Protezione civile. I danni diretti ai fabbricati (residenziali e non), secondo l’Ania (l’Associazione nazionale per le imprese assicuratrici), ammontano a oltre 5,7 miliardi. Ebbene, di questi, solo 200 milioni erano assicurati. Dal quadro tracciato da Ania emerge un Paese non ancora consapevole delle proprie fragilità. Basti pensare che la copertura più diffusa per le abitazioni resta quella per l’incendio, con 12,4 milioni di case assicurate nel 2016 su un totale di 31 milioni di unità (il 40% circa). Un numero buono ma non altissimo, soprattutto se pensiamo che è quello più alto.

Solo 35mila abitazioni assicurate

In ogni caso in queste polizze la copertura contro le calamità è di fatto assente: solo 176mila (2,2%)  proprietari hanno anche scelto di tutelarsi contro i danni da terremoti, pochi meno (173mila) solo contro le alluvioni e 58mila contro entrambi (dati di settembre 2016). In tutto parliamo di poco più di 400mila abitazioni, peraltro localizzate in due casi su tre nel Nord Italia. Un dato ancora marginale, anche se in leggera crescita rispetto al 2009, quando – si legge nella relazione – «le abitazioni assicurate per le catastrofi erano appena 35mila».

Imprese, assicurazioni a +18%

A tutelarsi di più contro questi rischi sono soprattutto le imprese che hanno assicurato capannoni e fabbricati produttivi. Secondo il rapporto Ania, per quest’anno l’esposizione complessiva delle compagnie sui rischi da calamità per quanto riguarda le imprese «si attesta a livelli che si aggirano intorno ai 600 miliardi», il 18% in più rispetto al 2016. E in questa scelta non sembra estranea la drammatica esperienza del terremoto 2009, che ha colpito Emilia Romagna e Lombardia. «In particolare – conferma il dossier – le Regioni che hanno contribuito maggiormente all’incremento delle esposizioni per quanto riguarda le imprese nel 2017 sono la Lombardia, il Lazio, la Toscana e l’Emilia Romagna».

Ma come convincere gli italiani ad assicurarsi?

Il tema dei disastri naturali e di come prevenirli o quanto meno attutirne le conseguenze è sempre più attuale e universale. Tra il 1996 e il 2016 5,3 miliardi di persone nel mondo sono state colpite da qualche catastrofe naturale che in 20 anni hanno provocato 1,5 milioni di vittime e 2,7 trillioni di dollari di danni. L’Italia come detto non è immune a queste eventi. Solo per i terremoti siamo il secondo Paese più esposto per l’altissimi frequenza di eventi. Ma più in generale se si conta anche il rischio idrogeologico si stima che il 78% delle abitazioni sia a rischio: in particolare il 55% della popolazione vive in un territorio dove rischia un danno idrogeologico, mentre il 35% delle case è ubicata in una zona dove si possono verificare eventi sismici (il 12% vive entrambi i rischi).

In un incontro di studio organizzato dal «Schult’z risk center» alla Camera sono stati affrontati diversi aspetti di questo tema fino al trasferimento del rischio con l’intervento delle assicurazioni e la possibilità di una copertura mediante lo strumento dei «catastrophe bond». Durante l’incontro è emersa anche una proposta che punta a coinvolgere i gestori delle utenze nel pagamento dei premi delle assicurazioni antisismiche di case, negozi e capannoni. L’idea, si articola su cinque caposaldi: che l’assicurazione contro i terremoti sia resa obbligatoria per legge; che i premi delle polizze vengano anticipati dalle società che gestiscono i servizi pubblici essenziali (acqua, luce, gas, telefonia); che l’obbligatorietà delle assicurazioni antisismiche consenta la creazione di economie di scala con una significativa riduzione dei premi (circa 8-10 euro al mese); che gli assicurati restituiscano alla società il premio rateizzato sulle bollette con il premio totalmente deducibile da Irpef o Ires.

Cosa fa il Governo

Per andare oltre l’attuale 2% di polizze assicurative dell’abitazione contro le calamità naturali, il Governo gioca la carta del doppio sconto fiscale: a prevederlo è l’ultima bozza del Ddl di bilancio. Da una parte viene riconosciuta una detrazione Irpef del 19% sul prezzo delle polizze sottoscritte dal prossimo 1° gennaio per assicurare la casa contro i danni da terremoti, alluvioni e altre calamità. Inoltre viene cancellata, sempre per le future polizze «catastrofali», la tassa (agli assicurati non sempre nota) del 22,25% corrisposta sul premio del ramo danni.

Quello delle polizze obbligatorie resta invece un argomento molto controverso per il fatto che gli oneri andrebbero solo a carico dei privati, con il fronte dei proprietari – Confedilizia in testa – contrario a quella che viene vista come «un’ulteriore tassa per i proprietari immobiliari». L’associazione ha più volte ricordato come contributi con queste stesse finalità siano già versati da anni per i consorzi di bonifica. Anche il Governo ha quindi abbandonato (per ora) l’idea, preferendo scommettere sulla prevenzione con i bonus fiscali per i lavori di messa in sicurezza anti-sismica, che da quest’anno, e fino al 2021, potranno arrivare a restituire con il meccanismo delle detrazioni Irpef l’85% della spesa sostenuta. (fonte Sole24Ore)

Assicurazioni: ma perché dovrei affidarmi a un broker?



Assicurazioni: ma perché dovrei affidarmi a un broker?

“Ma perché dovrei affidarmi a un broker assicurativo per trovare le mie polizze?”. Giustamente te lo puoi chiedere, soprattutto oggi come oggi con il fai da te on line così facile e a portata di smartphone.

Però ti sei chiesto anche quanto davvero conosci la materia assicurativa? Le norme che cambiano di continuo? Le clausole inserite nei contratti, i tanti distinguo, le eccezioni? Le mille insidie delle normative e dei modelli di business necessariamente applicati dalle tante compagnie ai propri prodotti? Davvero pensi che questa sia una materia “facile”? Davvero hai tutto questo tempo per occupartene in prima persona?

Se ti appoggi in alternativa a un agente di una compagnia, il “tuo” agente, egli ti proporrà per forza di cose sempre le soluzioni della propria azienda, mentre il “tuo” broker ti ascolterà per capire le tue necessità poi cercherà sul mercato la polizza migliore per te fra tutte quelle offerte dalle diverse compagnie operanti.

Possiamo segnalarti altri vantaggi?
Alle scadenze non dovrai più pensare, ci penseremo noi per te, così come in caso di sinistro avrai il supporto della compagnia e però anche il nostro e vigileremo che tu sia assistito come meriti secondo gli accordi stipulati. Inoltre col mutare di leggi e scenari aggiorneremo i tuoi contratti per ottimizzarne sempre l’efficacia e il rapporto qualità prezzo.

Dalla tua professione nel pubblico come nel privato, dalla tua azienda, ai tuoi beni, alle persone care, puoi darci mandato di gestire le tue tutele assicurative e vivere la tua vita in totale serenità.

Contattaci ora e saremo felici di darti tutte le informazioni che desideri: http:
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Aziende: danni da eventi climatici e polizze. Italia in ritardo come al solito

 

Aziende: danni da eventi climatici e polizze: 

Italia in ritardo come al solito

Tempestività in Italia? “Non pervenuta”. Le tempeste sì però, sempre più spesso. Tanto per cambiare altrove si sono attivati da tempo prima di noi. Nella prevenzione del rischio legato al maltempo le aziende americane sono infatti più avanti di quelle italiane. Il fatto è che ben il 70% di esse sono esposte in qualche forma, anche quelle non necessariamente appartenenti al comparto agricolo. Si pensi che nel 2016 negli Usa i danni per la sola cosiddetta “grandine grossa” ammontano a bilioni di dollari. Immaginate altri settori come i voli aerei interni per esempio. Ma anche l’energia, la vendita al dettaglio, gli alimentari, l’abbigliamento, il turismo, la distribuzione, trasporti ed edilizia si rivelano non meno sensibili a cambiamenti climatici anche modesti, quanto lo sono alle variazioni dei tassi di interesse o di cambio.

Del resto, alcuni punti percentuali di Pil sono mangiati dagli eventi “ordinari”, si intende che i dati non comprendono i costi imprevisti associati a quelli estremi, come uragani o tornado: si parla di comuni giornate di pioggia quando sarebbe previsto un sole primaverile, che ritarda per esempio le vendite delle collezioni primavera-estate nel fashion, di certi alimentari tipicamente stagionali (gelati) o le prenotazioni di viaggi e vacanze. Ma anche, nel settore energetico, la mancanza di vento o di sole può ridurre la prevista produzione di energia eolica/solare, nelle economie in cui le fonti rinnovabili hanno già un certo peso, come ad esempio in Germania.

Come difendersi

La gestione del rischio climatico consiste nel controllo dei rischi finanziari direttamente o indirettamente collegati al verificarsi di un evento meteorologico osservabile, o alla variabilità in un indice quantitativo sugli sbalzi di tempo atmosferico. Le coperture sono basate sulla registrazione accurata di dati meteo indipendenti, che vengono poi utilizzati in un indice sviluppato su misura per l’azienda di cui deve misurare la sensibilità del fatturato appunto a quelle variazioni. La disponibilità di dati meteo aggiornati è migliorata notevolmente negli ultimi dieci anni, migliorando così parallelamente la possibilità di effettuare una gestione strategica del rischio meteo e consentendo di prevedere coperture ad hoc anche in località remote del globo. L’abilità nella gestione del rischio tempo sta appunto nell’identificare e costruire l’indice giusto che rappresenti fedelmente il fenomeno e il relativo impatto sul business del cliente.

In Olanda c’è il “Frost Day”

Per far fronte a quest’ordine di rischi, il settore assicurativo ha sviluppato –specie in Paesi dai climi particolarmente ostili – soluzioni innovative a sostegno delle attività economiche più esposte a rischi climatici: ad esempio, in Olanda, dove il clima è ben più rigido del nostro per molti mesi all’anno, esistono clausole contrattuali che consentono agli operai edili di non lavorare (mantenendo comunque la paga pattuita): quando la temperatura scende al di sotto di una prefissata soglia ritenuta pericolosa per lavorare all’aperto, gli operai restano a casa, percepiscono la paga e la copertura assicurativa “Frost day” indennizza l’imprenditore del costo per le giornate lavorative perse.

E in Italia?

 In questo campo ci troviamo ancora ai primordi: si sta iniziando ora a offrire anche alle imprese nostrane prodotti assicurativi centrati sulla copertura dai rischi climatici. Si cominciano a sviluppare soluzioni ad hoc per il rischio climatico: non si tratta di polizze standardizzate, bensì di soluzioni tailor made che partono in primo luogo da un’analisi del rischio specifica per il settore merceologico di attività ed il singolo cliente in questione, per poi fornire una risposta ad hoc alle esigenze di quest’ultimo.

Ad esempio, per gli agricoltori italiani produttori di cereali, il clima è un fattore chiave del business, come per i sopracitati produttori di energia eolica tedeschi; un periodo di gelo durante la semina, una calura eccessiva mentre crescono le piante o piogge insistenti prima e durante la mietitura sono fra i fattori in grado d’impattare notevolmente sul raccolto e quindi sul fatturato dell’azienda agricola. Se chiedete a un agricoltore cosa teme per i propri raccolti, vi dirà che i fertilizzanti si possono controllare e che – perlopiù – di incendi non ne sono mai scoppiati, quindi alla fine il clima è l’unica vera preoccupazione. Quindi una polizza sui rischi climatici può essergli assai più utile di una tradizionale polizza sul raccolto, che copre tutti i rischi, da quelli legati ai pesticidi agli incendi e così via, perché in quelle coperture la valutazione del danno climatico subìto dipende dal perito, quindi si possono verificare controversie e a volte i rimborsi arrivano anche dopo un paio d’anni. Mentre con una polizza sul clima l’indennizzo è stabilito oggettivamente dall’intensità – poniamo – di precipitazioni registrate nel periodo e quindi si viene pagati nel giro di qualche giorno, indipendentemente dalla ricchezza o meno del raccolto finale.

Siamo ai primi passi di un segmento assicurativo per il mercato italiano nuovo ma promettente e da tenere sotto la lente, perché è probabile che presto ci riservi sviluppi molto interessanti. (Fonte Cineas)

Agricoltura: fondi UE per le assicurazioni, ma le polizze calano

Agricoltura: fondi UE per le assicurazioni, ma le polizze calano

Guidi: «Le risorse ci sono ma lo strumento è un “mostro” e non decolla»

«Gli agricoltori si stanno disaffezionando dallo strumento assicurativo, laddove invece l’obiettivo era quello di far crescere i contratti, con il rischio anche di perdere risorse comunitarie preziose che rischiano di tornare a Bruxelles». Lo ha denunciato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi nel corso della conferenza stampa indetta a Roma dall’Organizzazione degli imprenditori agricoli sul tema.

«Tra i paesi comunitari – ha proseguito Guidi nel suo intervento – l’Italia è uno di quelli che hanno puntato maggiormente sulle misure di prevenzione del rischio attraverso l’assicurazione agevolata dei prodotti agricoli; uno strumento in cui Confagricoltura crede fortemente e di cui ha sempre sollecitato la diffusione. D’altronde le risorse disponibili provenienti da Bruxelles sono interessanti: 1.600.000 euro per sei anni, dal 2015 al 2020, messi a disposizione del Piano di sviluppo rurale italiano».

Grandine, gelate, alluvioni, terremoti… cause di preoccupazione l’agricoltura ne ha sempre storicamente patite e con l’imprevedibilità degli eventi deve convivere. Eppure le polizze stipulate calano. «Nel 2015 è cambiato completamente il sistema di sostegno – ha osservato Guidi – passando dalla piattaforma nazionale a quella europea è stato creato un mostro. Non si è riusciti a creare un modello assicurativo che sia agevolmente fruibile. Burocrazia, errori gestionali e procedure informatiche ancora non definite per la compilazione dei piani assicurativi individuali (Pai) ritardano l’erogazione dei contributi comunitari.

E così ci troviamo che si è aperta la nuova campagna assicurativa 2017 per le produzioni agricole mentre si sta ancora provvedendo ai primi pagamenti alle aziende delle polizze agevolate che si riferiscono alle domande del 2015. In questo modo si mette in crisi pure il sistema dei consorzi di difesa (che anticipano i premi dei produttori). C’è poi – ha aggiunto ancora – il problema del sistema di regole per calcolare le rese medie che non permette alle imprese di accendere polizze con valori assicurati adeguati alle proprie esigenze. Le aziende spesso sono costrette a stipulare contratti assicurativi con valori troppo bassi rispetto alle loro potenzialità produttive; così le polizze finiscono per perdere di interesse per i contraenti».

Confagricoltura ha snocciolato i dati: in due anni si è perso il valore assicurato del 17% (-6% nel 2015 e 11,3% nel 2016). Ma, se si entra nel dettaglio dei settori, si scopre che il valore assicurato delle produzioni vegetali è sceso del 26%, con una perdita di 851 milioni di euro che ha riguardato soprattutto il Meridione, che già presentava una scarsa diffusione di polizze assicurative.

«Le nostre priorità – ha concluso il presidente di Confagricoltura Guidi – sono: una riconsiderazione delle procedure del Pai, con l’obiettivo di una reale semplificazione e snellimento del processo; una ridefinizione del sistema del calcolo delle rese medie produttive delle imprese per arrivare a una certa flessibilità ed eventualmente alla possibilità dell’applicazione di meccanismi basati su indici per aree produttive».

In sostanza, non vale da sé il fatto che vengano messe a disposizione delle risorse tout-court fissando come obiettivo il mero collocamento di determinati prodotti assicurativi predeterminati. La varietà di casistiche, condizioni, scenari che caratterizzano un settore complesso com’è quello della produzione agricola vive di connotazioni assai differenziate, ciò anche sul piano dei diversi ambiti territoriali, delle tipologie produttive e di altre molteplici variabili. Esige quindi un forte lavoro di affinamento nelle relazioni fra i soggetti preposti alla gestione delle risorse disponibili e i destinatari finali che sono gli agricoltori. I prodotti assicurativi vanno calati nei contesti differenti e personalizzati secondo le esigenze rispettive delle aziende e devono quindi in partenza configurarsi con una maggiore duttilità d’impianto, rispetto alla quale le imprese possano far valere il proprio specifico bisogno, trovando così concrete risposte e sostegno alle proprie attività.

Nel nostro territorio le criticità non mancano e alcune potrebbero suggerire anche di allargare la casistica di danni posti sotto tutela, si pensi per esempio ai furti di clamorose quantità di forme di Parmigiano-Reggiano. Anche il settore della trasformazione e lavorazione, cioè, sarebbe terreno per una politica oculata di gestione del rischio, così come pure nell’allevamento non mancherebbero i temi: i periodici casi di patologie epidemiche che colpiscono animali avicoli, bovini e altre specie (afta, peste suina, bluetongue, ecc.) ne sono un esempio.

Quattro Pmi su cinque nel mondo temono gli impatti del “climate change” sul proprio business, mentre in Italia il rischio è ancora sottovalutato


Quattro Pmi su cinque nel mondo temono gli impatti del “climate change” sul proprio business, mentre in Italia il rischio è ancora sottovalutato

Sono stati presentati in occasione della ventiduesima Conferenza mondiale sul clima COP22 a Marrakesh gli esiti della IV indagine annuale di Zurich sulle piccole e medie imprese: lo studio aveva per oggetto la percezione dei rischi dovuti all’impatto dei cambiamenti climatici sul business. I risultati ci dicono che in Italia tale sensibilità non è ancora abbastanza diffusa, a fronte di una percezione a livello globale molto più sviluppata. L’indagine è consistita in una serie di quesiti posti ai leader di 2.600 piccole e medie imprese di tutto il mondo. Un campione rappresentativo di 200 Ceo/owners, direttori generali, Cfo, Coo in oltre 13 paesi: Australia, Austria, Brasile, Germania; Hong Kong, Irlanda, Italia, Messico, Portogallo, Spagna, Svizzera, Turchia e Stati Uniti d’America.
I risultati in Italia:

L’Italia è uno dei Paesi in cui le Pmi sottovalutano di più l’impatto di eventi climatici estremi sul proprio business: solo il 63% di esse lo considera come minaccia. Gli eventi climatici più temuti sono le forti piogge (19%) e alluvioni (18%).

Il 32% ritiene che il rischio cui prestare maggiore attenzione sia l’interruzione dell’attività aziendale, mentre il 22% delle Pmi si preoccupa per i danni materiali. Seguono i timori per l’incremento dei costi per l’acqua e l’energia (17%), l’aumento della burocrazia a causa dell’entrata in vigore di nuove normative (13%). Poche piccole e medie imprese vedono nelle politiche di contrasto al climate change una opportunità di business.
Nel mondo:

L’80% delle Pmi teme conseguenze legate a eventi climatici connessi ai cambiamenti climatici. Alluvioni (22%) e siccità (20%) sono i rischi più temuti. Danni materiali (36%),
interruzioni al business aziendale (26%) sono i rischi da cui sia più difficile proteggersi percepiti come maggiori.

In termini complessivi

A livello globale, ben quattro aziende su cinque teme l’impatto di cambiamenti climatici sul proprio business. Ai rischi succitati ne seguono altri: danni alla salute dei dipendenti (15%) e costi maggiori per l’approvvigionamento di acqua ed energia (15%).

Solo poche aziende multinazionali ritengono che una politica di contrasto al climate change possa offrire opportunità di business, mentre non ci sono aziende che vedono nel fenomeno un vero e proprio investimento.
Esistono significative differenze nella percezione del rischio climate change e del potenziale impatto che può avere il fenomeno sull’attività aziendale rispetto alle diverse aree geografiche analizzate.

L’Italia è uno dei Paesi, al pari di Svizzera e Irlanda, in cui le Pmi sottovalutano maggiormente questo tema.

Europa: le Pmi temono le alluvioni

Dando uno sguardo all’Europa, le Pmi sono, in assoluto, meno propense a considerare i cambiamenti climatici un rischio per la propria esistenza. Un quarto di esse, dato più alto registrato in tutte le aree del mondo oggetto dell’indagine, non anticipa alcun impatto negativo sulla propria attività a causa del climate change.

Fra quelle che ritengono che il climate change possa essere invece un rischio (75%), le alluvioni sono gli eventi che possono avere i più ingenti impatti sul business; mentre i danni materiali sono considerati i maggiori rischi (35%).
Cecilia Reyes, Group Chief Risk Officer di Zurich, ha dichiarato: “I risultati dell’ultima ricerca Zurich sulle PMI dimostrano che sono moltissime le aziende che si preoccupano per i rischi e gli impatti potenziali del climate change sul proprio business. Le aziende dovranno quindi implementare azioni che limitino questi rischi, ma anche identificare le opportunità di business che possano derivare dal fenomeno dei mutamenti climatici in corso.” (fonte Zurich)

Reggio Emilia: un pacchetto di tutele contro i furti in abitazione

Reggio Emilia: un pacchetto di tutele contro i furti in abitazione

Assicurazioni come partner dell’ecosistema socio-economico. Un esempio di buona pratica grazie a una partnership fra Cooperativa La Betulla e Union Brokers. Nasce la polizza gratuita contro le effrazioni per tutti i soci.

Chi ci segue avrà notato frequenti riferimenti a un cambiamento in corso nel mondo assicurativo che sta trasformando le compagnie in soggetti pronti a intervenire in aspetti sempre più vicini alle esigenze della vita quotidiana. Spesso ciò avviene secondo modalità che permettono riflessi virtuosi verso comportamenti e abitudini e trasformano le compagnie stesse in “partner dell’ecosistema socio-economico”, secondo una definizione che ci piace utilizzare.
Si pensi all’abbinamento fra polizze RC auto e scatola nera da installare sui veicoli: essa da un lato permette alle compagnie di avere nozione precisa delle dinamiche di un sinistro, spinge dall’altro il cliente a tenere condotte di guida meno pericolose, essendo queste tracciate attimo per attimo dal dispositivo. Creando di noi un “profilo conducente” buono, possiamo ottenere particolari condizioni di sconto che premiano le abitudini di guida affidabili.

Un altro esempio è quello della casa “domotica”, dove il controllo digitale evoluto di vari aspetti dell’impiantistica e delle tecnologie domestiche può abbassare i consumi e viene visto in termini positivi dalle compagnie quando si vogliano stipulare polizze sull’abitazione, per l’efficace effetto che la domotica ha anche sulla prevenzione da incidenti, effrazioni per furti e via dicendo.

A Reggio Emilia parte in queste settimane un tipico esempio di buona pratica in questo senso, che nasce da una partnership fra la struttura di consulenti assicurativi Union Brokers e la storica cooperativa La Betulla. Tutti i soci della cooperativa che ne faranno richiesta potranno infatti accedere gratuitamente a una polizza assicurativa sulla propria abitazione comprendente un pacchetto di servizi di eccezionale completezza pensati per chi abbia subito danni per furto.

Attraverso un numero verde funzionante 24 ore su 24 si potrà contare su: invio di una guardia giurata in attesa che la casa sia rimessa in sicurezza, invio di artigiani per riparazioni di eventuali danni da effrazione, una collaboratrice domestica per risistemare la casa. E ancora: spese d’albergo qualora i danni all’abitazione costringano il proprietario ad alloggiare in altra sistemazione temporaneamente e le spese per il rinnovo di documenti d’identità rubati.

La cultura della gestione del rischio non è solo un valore aggiunto delle realtà aziendali, ma deve diventarlo complessivamente nei costumi comportamentali di ognuno di noi, delle famiglie, nel privato. Union Brokers, prima azienda italiana nel settore delle consulenze assicurative ad aver ottenuto la certificazione di sistema di responsabilità sociale SA8000:2008 ha ritenuto coerente con i propri valori ispiratori farsi parte attiva in questa iniziativa e in sintonia con l’operare della Cooperativa La Betulla è pronta a favorire questo servizio che partirà dal 1° marzo di quest’anno, come già accennato, a titolo completamente gratuito per i soci destinatari.

Dal satellite sulla testa al terremoto da “fracking”

Dal satellite sulla testa al terremoto da “fracking”
Le compagnie assicurative e l’imponderabile. Dal 2015 negli Usa in Oklaoma è accettata la connessione fra estrazione di gas e aumento delle scosse sismiche

I temi assicurativi sviluppano riflessioni che potrebbero stupire a volte i non addetti ai lavori, lungo il delicato confine dell’imponderabilità di taluni rischi.

Molti ignorano forse che in una normale polizza sulla casa viene prevista anche la caduta sul proprio tetto di un satellite dallo spazio. E i terremoti? Nel 2015 un’agenzia scientifica del Governo Usa ha affermato che esiste una connessione tra le attività di estrazione dal sottosuolo di petrolio e gas con il metodo della fratturazione idraulica, il famigerato fracking, e i terremoti. Il mondo assicurativo deve ora interrogarsi sulle implicazioni di tale mutato assetto del dibattito scientifico in merito e questo anche di qua dall’Oceano.

Negli Usa ci si è dovuti occupare della cosa davanti al preoccupante dato per cui in Oklahoma i terremoti siano diventati centinaia di volte più comuni di quanto fossero pochi anni fa. Ne è uscito un esauriente rapporto della United States Geological Survey (Usgs), l’agenzia scientifica del governo degli Stati Uniti che si occupa del territorio, delle sue risorse naturali e dei rischi che lo minacciano. Mark Petersen, ricercatore a capo del gruppo che si è occupato del rapporto, ha detto che «in Oklahoma c’erano uno o due terremoti di magnitudo pari o superiore a 3 all’anno, ora invece uno o due al giorno, più terremoti di quella magnitudo che in California».


Le conseguenze non si sono fatte attendere, se il più grande “riassicuratore” del mondo, Swiss Re pubblica in queste settimane fa sul proprio sito il rapporto “The link between hydrofracking, wastewater injection and earthquakes: key issues for re/insurers”. Vi si rileva che in futuro i danni in bilioni di dollari dovuti ai terremoti l’Oklaoma supereranno quelli causati dai tornado, che pochi residenti ancora sono assicurati verso questi rischi e che nel 2014 solo l’8% dei reclami rivolti alle compagnie dai danneggiati da un terremoto hanno ottenuto successo.

La cosa coinvolge l’attività di più soggetti, dai grandi colossi estrattivi alle compagnie assicurative, ai residenti di territori interessati da queste attività. Nel 2015, la Corte Suprema dell’Oklahoma ha stabilito all’unanimità che i cittadini potranno citare in giudizio le aziende che estraggono petrolio e gas a seguito di un terremoti indotti dal fracking.