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Assicurazioni: ma perché dovrei affidarmi a un broker?



Assicurazioni: ma perché dovrei affidarmi a un broker?

“Ma perché dovrei affidarmi a un broker assicurativo per trovare le mie polizze?”. Giustamente te lo puoi chiedere, soprattutto oggi come oggi con il fai da te on line così facile e a portata di smartphone.

Però ti sei chiesto anche quanto davvero conosci la materia assicurativa? Le norme che cambiano di continuo? Le clausole inserite nei contratti, i tanti distinguo, le eccezioni? Le mille insidie delle normative e dei modelli di business necessariamente applicati dalle tante compagnie ai propri prodotti? Davvero pensi che questa sia una materia “facile”? Davvero hai tutto questo tempo per occupartene in prima persona?

Se ti appoggi in alternativa a un agente di una compagnia, il “tuo” agente, egli ti proporrà per forza di cose sempre le soluzioni della propria azienda, mentre il “tuo” broker ti ascolterà per capire le tue necessità poi cercherà sul mercato la polizza migliore per te fra tutte quelle offerte dalle diverse compagnie operanti.

Possiamo segnalarti altri vantaggi?
Alle scadenze non dovrai più pensare, ci penseremo noi per te, così come in caso di sinistro avrai il supporto della compagnia e però anche il nostro e vigileremo che tu sia assistito come meriti secondo gli accordi stipulati. Inoltre col mutare di leggi e scenari aggiorneremo i tuoi contratti per ottimizzarne sempre l’efficacia e il rapporto qualità prezzo.

Dalla tua professione nel pubblico come nel privato, dalla tua azienda, ai tuoi beni, alle persone care, puoi darci mandato di gestire le tue tutele assicurative e vivere la tua vita in totale serenità.

Contattaci ora e saremo felici di darti tutte le informazioni che desideri: http:
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Rinviati i termini per la stipula della polizza obbligatoria per gli avvocati

 

Rinviati i termini per la stipula della polizza obbligatoria per gli avvocati.

In accoglimento della richiesta del Consiglio Nazionale Forense, il ministero della Giustizia ha emanato un decreto ministeriale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.238 dell’11 ottobre, che prevede il rinvio di 30 giorni dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà per gli avvocati di stipulare una polizza assicurativa professionale.

La decisione è stata presa per permettere la definizione di una convenzione che il Cnf sta stringendo con una compagnia aggiudicataria di un’apposita gara indetta lo scorso settembre per – recita il titolo – una “polizza assicurativa a condizioni di particolare favore per gli Avvocati e gli Ordini Professionali, sia per la responsabilità professionale che per gli infortuni”. Al momento si lavora sul primo lotto del bando e a breve il Consiglio Nazionale Forense fornirà notizia anche sulla aggiudicazione del lotto n. 2. Si tratta di una ulteriore gara europea indetta per i servizi assicurativi per gli avvocati relativa a “infortuni completa”, con pubblicazione della polizza sul sito web www.consiglionazionaleforense.it e con possibilità di sottoscrizione on-line, così come già per la polizza compresa nel lotto n. 1 del bando “RC professionale e patrimoniale e infortuni ex-lege”.

Nella seduta amministrativa dello scorso 22 settembre, il Consiglio Nazionale Forense ha deliberato la aggiudicazione alla Compagnia AIG Europe della gara Come da comunicazione del 10 ottobre 2017 del primo lotto.

Perché una polizza professionale

Le ‘RC (acronimo di Responsabilità Civile) Professionali’ sono polizze assicurative che hanno lo scopo di coprire economicamente un rischio, in questo caso derivante dall’esercizio di un’attività professionale, nel caso in cui il professionista commetta un errore.

Quali errori può fare un professionista? svariati.

– negligenza: quando vengono trascurate per superficialità o disattenzione le regole e le modalità comuni nello svolgere un’attività.

– imprudenza: quando un’attività è svolta in modo poco prudente, avventato, impulsivo.

– imperizia: particolarmente importante per i professionisti, l’imperizia è lo svolgimento di particolari e complesse attività senza averne la capacità tecnica specifica: un esempio tratto da un caso classico di giurisprudenza è quello del chirurgo che cagiona un danno perché effettua un intervento in una branca della chirurgia in cui non ha esperienza professionale.

La colpa in cui si può incorrere ha anche diversi livelli di gravità:

– Colpa Lievissima

– Colpa lieve: quando non viene rispettata la normale diligenza richiesta ad un professionista, che comunque gravato da un onere di diligenza superiore a quella richiesta al comune cittadino.

– Colpa Grave: quando non vengono rispettate nemmeno le più elementari indicazioni di condotta, che chiunque rispetterebbe.

Dalla rete opportunità ma anche molti rischi e le contromisure tecnologiche non bastano

Dalla rete opportunità ma anche molti rischi e le contromisure tecnologiche non bastano.

L’importanza di un’adeguata tutela assicurativa

L’ingresso del web nella vita di tutti noi ha rappresentato dagli anni Novanta una progressiva rivoluzione copernicana in moltissimi aspetti del nostro quotidiano, sia nelle attività professionali che di studio e di svago; ha modificato e sta modificando i nostri costumi nelle relazioni, negli acquisti, nelle convinzioni politiche. Non esistono probabilmente aspetti della vita moderna che possano dirsi completamente esenti da qualche interazione con le nuove tecnologie e con la rete.

I testi sacri, nonché le linee guida internazionali nella “Gestione del rischio” identificano cinque grandi famiglie di criticità da tenere sotto controllo: rischi operativi, rischi finanziari, rischi strategici, rischi organizzativi, rischi di pianificazione aziendale e di reporting.

I rischi derivanti dal web, cosiddetti “cyber risk”, proprio in virtù di quanto dicevamo in apertura di articolo, possono trasversalmente riguardare tutte le cinque suddivisioni tradizionali suddette, configurandosi come una sorta di “macro-categoria” determinata dall’evoluzione tecnologica.

Più precisamente, il rischio informatico può essere definito come il rischio di danni economici (rischi diretti) e di reputazione (rischi indiretti) derivanti dall’uso della tecnologia, intendendosi con ciò sia i rischi impliciti nella tecnologia (i cosiddetti rischi di natura endogena) che i rischi derivanti dall’automazione, attraverso l’uso della tecnologia, di processi operativi aziendali (i cosiddetti rischi di natura esogena).

I rischi propriamente detti di natura endogena sono:

· Naturali: incendi, calamità naturali, inondazioni, terremoti.

· Finanziari: variazione dei prezzi e dei costi, inflazione.

· Strategici: concorrenza, progressi scientifici, innovazioni tecnologiche.

· Errori umani: modifica e cancellazione dei dati, manomissione volontaria dei dati.

Quelli di natura esogena, o di natura operativa, sono invece i rischi connessi alle strutture informatiche che compongono i sistemi. E cioè:

· Danneggiamento di hardware e software.

· Errori nell’esecuzione delle operazioni nei sistemi.

· Malfunzionamento dei sistemi.

· Programmi indesiderati.

Quali ne possono essere le cause? I programmi “virus”, concepiti per insinuarsi nelle funzioni dei sistemi informatici, ma anche le truffe informatiche e dobbiamo estendere la casistica anche ad aberranti tipologie come la pedopornografia, il cyberbullismo, i ricatti a sfondo sessuale derivanti da video chat on line.

Ne deriva che siamo oggi chiamati a una presa di coscienza, a un adeguamento culturale che faccia maturare una piena consapevolezza del concetto di sicurezza informatica, l’unica che possa davvero metterci al riparo da sgradevoli sorprese.

Le statistiche sono impietosamente inquietanti: ogni giorno vengono compiuti migliaia di attacchi informatici attraverso le tecniche più varie e termini come malware, ransomware, trojan horse, account cracking, phishing, 0-dayvulnerability sono diventati parte del vocabolario anche per i non esperti.

J. Edgar Hoover, capo dell’FBI (Federal Bureau of Investigation) moltissimi anni fa affermava: “L’unico computer a prova di hacker è quello spento, non collegato a Internet e chiuso a chiave in una cassaforte”. Possiamo dire che sia così davvero. Purtroppo, appena un computer viene acceso diventa potenzialmente vulnerabile e può essere attaccato, ad esempio durante l’installazione di eventuali aggiornamenti al sistema operativo. Ne avete appena fatto uno? Non vorremmo mettervi qualche preoccupazione addosso, ma…

Sono insomma necessarie delle contromisure specifiche, professionali, estese, ben concepite. Quelli che un tempo chiamavamo i “calcolatori”, i computer che entrano in ogni aspetto della nostra vita e dell’attività di aziende, enti, professionisti, oltre alle reti di telecomunicazione, necessitano di protezione anche se come in qualsiasi ambiente la sicurezza assoluta non è concretamente realizzabile.

Il modo per proteggersi è imparare a riconoscere le origini del rischio. Gli strumenti di difesa informatica sono molteplici, si pensi antivirus, antispyware, blocco popup, firewall ecc., ma tuttavia non sempre si rivelano efficienti, in quanto esistono codici malevoli in grado di aggirare facilmente le difese, anche con l’inconsapevole complicità degli stessi utenti.

Di recente si sta assistendo alla nascita di una nuova modalità di prevenzione del rischio informatico: il Trusted Computing. L’espressione inglese Trusted Computing (TC, letteralmente informatica fidata o calcolo fidato) si riferisce ad una tecnologia nascente con l’obiettivo dichiarato di rendere dispositivi come computer o telefoni cellulari più sicuri mediante l’uso di opportuni hardware o software.

Il TC si basa sull’uso della crittografia. Dunque l’obiettivo del TC non è quello di introdurre nuovi strumenti software per fronteggiare i rischi ed attacchi connessi a sistemi informatici e a reti di telecomunicazioni, ma bensì di costruire sistemi hardware o software non abilitati a determinate funzioni in grado di comprometterne la sicurezza, nonché il controllo attraverso Internet, del rispetto delle limitazioni di funzionalità da parte degli utenti dei sistemi.

Il Risk management

Un altro aspetto di notevole importanza del rischio informatico e di interesse per gli studi professionali su cui dobbiamo soffermare la nostra attenzione è il risk management.

Si tratta di quel processo attraverso il quale si misura o si stima il rischio e successivamente si sviluppano le strategie per fronteggiarlo.

La gestione del rischio, così come descritto nella Convenzione Interbancaria per i problemi dell’Automazione (CIPA) nel rapporto sul rischio informatico si articola in diverse fasi:

· Identificazione del rischio;

· Individuazione delle minacce;

· Individuazione dei danni che possono derivare dal concretizzarsi delle minacce e la loro valutazione;

· Identificazione delle possibili contromisure per contrastare le minacce arrecate alle risorse informatiche.

Diverse sono le modalità di gestione del rischio. A seconda del livello di rischio che un soggetto sia esso un’azienda, persona o ente ritiene accettabile si distinguono:

· Evitare: si modificano i processi produttivi, modalità di gestione ed amministrazione con lo scopo di eliminare il rischio.

· Trasferire il rischio ad un altro soggetto: il trasferimento del rischio avviene nei confronti di assicurazioni, partner e si tratta principalmente di rischi economici perché più facilmente quantificabili.

· Mitigare: consiste nel ridurre, attraverso processi di controllo e verifica, la probabilità del verificarsi del rischio o nel limitarne la gravità delle conseguenze nel caso in cui si verifichino.

· Accettare: ossia assumersi il rischio ed i relativi costi.

Dobbiamo quindi affidarci a professionisti preparati per fornire tutti questi requisiti tecnici operativi, ma altrettanto importante è considerare anche l’impossibilità di poter evitare al cento per cento le probabilità di qualche falla e considerare assolutamente anche strategie assicurative adeguate, per limitare i danni che possono derivare dal malfunzionamento dei nostri sistemi, della gestione di dati sensibili della clientela, dell’erogazione di servizi e prestazioni peculiari delle nostre attività.

Attacchi informatici: aziende e istituzioni italiane ancora poco connesse e poco protette



Attacchi informatici: aziende e istituzioni italiane ancora poco connesse e poco protette

Biffi: “siamo ancora totalmente impreparati a gestire reti nelle quali accedono e sono connessi ormai, per la cosiddetta “internet delle cose”, infiniti oggetti anche della nostra vita quotidiana, come frigoriferi, tostapane e automobili”


I dati sugli attacchi cibernetici stanno mostrando una preoccupante escalation che coinvolge aziende, liberi professionisti e privati in scenari sempre più a rischio. Se n’è occupata anche una recente tavola rotonda organizzata da Insurance review, soggetto editoriale che con la propria attività enuclea tutte le tematiche legate al mondo assicurativo e alla gestione del rischio elaborandole per veicolarle a tutti i potenziali soggetti a vario titolo interessati.

Come si evince dalla relazione pubblicata a proposito dell’incontro dedicato specificamente ai pirati informatici “i recenti casi di Petya e Wannacry mostrano una preoccupante escalation degli attacchi cibernetici. Ma le imprese italiane stanno gestendo questa minaccia spinte più dagli incentivi pubblici che da una reale sensibilità sul tema. Il tutto mentre sul mercato arriveranno milioni di oggetti, connessi alla rete, non dotati di adeguati sistemi di protezione”.

Come già ricordato anche in questo blog la scorsa settimana a proposito delle difficoltà subite dal colosso delle spedizioni americano Fedex, dopo l’attacco che ha colpito la controllata TNT, “il 27 giugno scorso il virus informatico Petya, partito dalla Russia, si è diffuso a macchia d’olio in tutta Europa colpendo e disattivando centinaia di computer, rendendo inaccessibili i file e chiedendo un riscatto di 300 dollari in Bitcoin per liberarli. Una richiesta simile a quella del ransomware Wannacry che lo scorso maggio aveva infettato migliaia di computer in oltre 150 Paesi. Dalla pubblica amministrazione alla piccola impresa – riferisce Insurance Review con i dati ricordati nella tavola rotonda – fino ad arrivare alle grandi multinazionali, nessuno sembra essere indenne da una minaccia che, in questo momento, più che un rischio che si sta gestendo assomiglia a una spada di Damocle pronta a colpire”.

Purtroppo davanti a queste minacce non si può dire che il mondo imprenditoriale sia sufficientemente preparato. Lo ha ricordato Umberto Rapetto, già generale della Guardia di Finanza e oggi cyber security advisor. “Spesso si parla di questo tema con una visione quasi mistica. Eppure dovremmo riflettere sul fatto che probabilmente servirebbe una Rc obbligatoria anche per questa tipologia di rischi. Non si tratta solo di una prospettiva di risarcimento danni: per essere assicurabili bisogna innanzitutto dimostrare di aver adottato determinate procedure di sicurezza”. Lo ha ribadito anche Tomaso Mansutti, amministratore delegato della Mansutti: “nell’intero processo di risk management l’assicurazione affronta la parte finale ma compito degli assicuratori è quello di accompagnare l’impresa in tutto il processo di analisi dei rischi”. Esemplare è il caso proprio di Fedex, che ha ammesso in un proprio comunicato di non aver predisposto una polizza assicurativa per tutelarsi dai rischi di pirateria informatica, cosa che ha avuto ripercussioni fin sulle quotazioni del proprio titolo in borsa.

Incentivi per il 4.0

Siamo al paradosso, l’Italia ha fin ora subito un numero minore di attacchi poiché mediamente le sue aziende e istituzioni sono meno connesse rispetto ad altre realtà nazionali. Lo ha affermato lo stesso Rapetto. Né i recenti casi di Petya e Wannacry sembrano aver destato particolari reazioni significative per correre ai ripari. Pare che la priorità al momento sia invece quella di correre ad accaparrarsi i finanziamenti pubblici previsti per chi realizza un impianto connesso 4.0”. Questo è stato sottolineato nel corso della tavola rotonda da Alvise Biffi, coordinatore advisory board cyber security di Assolombarda e vicepresidente di Piccola industria – Confindustria nazionale. Facilitazione fiscale per la quale peraltro ha dichiarato che il legislatore abbia dato una finestra di tempo molto stretta tra produzione e consegna del prodotto per l’ottenimento dei benefici.

Secondo Biffi siamo ancora totalmente impreparati a gestire reti nelle quali accedono e sono connessi ormai, per la cosiddetta “internet delle cose”, infiniti oggetti anche della nostra vita quotidiana, come frigoriferi, tostapane e automobili. Da ognuno di questi dispositivi è in linea teorica possibile accedere a reti di server diffondendo virus e mettendo in ginocchio interi sistemi complessi. Esemplare il caso dell’attacco che ha messo fuori uso i siti web di colossi come Amazon e PayPal. “Quell’attacco, che si è tradotto in un intasamento del traffico informatico, era partito proprio da frigoriferi, tostapane e telecamere di sorveglianza: oggetti per i quali non erano state pensate misure di sicurezza”.

Allo stato delle cose quindi, fra i requisiti di garanzia che ogni brand oggi deve offrire al proprio mercato in termini di affidabilità e sicurezza – in tutti i settori – rientra ormai imprescindibile una copertura assicurativa sulla pirateria informatica, personalizzata secondo lo specifico di ogni attività, dall’industria pesante ai servizi, dalle libere professioni all’artigianato. (fonte: Insurance Review)

Giovani “Millennials” incoscienti? Eppure il 15% ha già un’assicurazione oltre a quella della moto o dell’auto

Giovani “Millennials” incoscienti?
Eppure il 15% ha già un’assicurazione
oltre a quella della moto o dell’auto

Le nuove generazioni sono sempre più attente a tutelare sé stesse e i propri beni. Potrà stupire, ma il 15% dei giovani possiede una polizza che non sia auto o moto e reputa la propria customer experience assicurativa positiva: è quanto emerge da una ricerca innovativa promossa da BNP Paribas Cardif e realizzata dalla start-up Friendz 


I giovani rappresentano non solo il presente ma soprattutto il futuro di un Paese. Ma le aziende sanno ascoltare le loro esigenze e i loro bisogni? BNP Paribas Cardif, tra le prime dieci compagnie assicurative in Italia*, lo ha fatto promuovendo una ricerca realizzata dalla start-up Friendz, per rilevare il sentiment dei millennials sulla customer experience nei mercati digitali, con un focus sul mercato assicurativo.

I risultati? Sotto molti punti di vista sorprendenti. Nonostante i luoghi comuni, è emerso che i millennials…
hanno una buona opinione del mondo assicurativo e sono tanti gli utenti digitali che, nonostante la giovane età, sono in possesso di un’assicurazione oltre a quella dell’auto o della moto, con particolare preferenza per le polizze vita o per la protezione della casa.

La ricerca, innovativa e unica nel suo genere, è stata condotta tramite app su un campione di 1.000 utenti digitali (18-35 anni) della community di Friendz, che per l’occasione sono stati coinvolti anche attraverso domande “non convenzionali” dove hanno potuto esprimere la loro creatività inviando selfie o video come risposta.

Il rapporto dei giovani con le Assicurazioni
I giovani hanno, quindi, un livello di soddisfazione alto: quasi sei su dieci (56%) valutano, infatti, l’esperienza con la propria assicurazione positiva e solo il 3% negativa. Sul perché si ritengano soddisfatti indicano come principali motivazioni la “chiarezza su cosa era incluso ed escluso dalla polizza” (per il 42%) e la “comunicazione con l’assistenza” (per il 24%).

Non solo. Chi pensa che ai giovani non interessino le assicurazioni oltre a quelle auto e moto deve ricredersi. Ben il 15% del totale a livello nazionale ne possiede almeno una, con la polizza Vita (49%) e la Casa (41%) le preferite, seguite dagli Oggetti (20%), la Salute (13%) e i Viaggi (5%). Una curiosità: se l’uomo è più attento alla casa, le giovani donne dedicano maggiore attenzione alla salute e alla tutela degli oggetti; la polizza vita è invece prerogativa delle fasce più “adulte” (26-35 anni).

Ma se gli utenti digitali sono particolarmente soddisfatti su molti aspetti, inclusi il prezzo (il 55% ha dato un voto oltre il 7), l’assistenza (56% oltre il 7) e il linguaggio assicurativo (56% oltre il 7), non mancano le criticità, come la velocità del risarcimento, che resta insufficiente per quasi 6 intervistati su dieci (57%). Un aspetto su cui le Compagnie dovranno lavorare per costruire un’assicurazione che sia sempre più in linea con le esigenze dei giovani utenti digitali. (fonte BNP Paribas Cardif)

Decreto Sicurezza: più poteri ai sindaci significa anche più azioni o inadempienze di cui saranno chiamati a rispondere

Decreto Sicurezza: più poteri ai sindaci significa anche più azioni o inadempienze di cui saranno chiamati a rispondere

Non senza una coda di polemiche è stato approvato il decreto del ministro Minniti sulla sicurezza nelle città che amplia i poteri di intervento dei sindaci su più fronti del degrado.
Il ministro ha respinto al mittente le critiche giunte verso il provvedimento anche da voci appartenenti alla sua stessa parte politica che, come nel caso di Roberto Saviano, hanno definito il testo una “legge classista e di destra”.

Da un’intervista a La Repubblica è arrivata la replica del titolare del dicastero dell’Interno: “Quindi il decreto sulla sicurezza urbana sarebbe una legge di destra… straordinario… Forse perché qualcuno non l’ha letto. Allora qualcuno mi risponda – prosegue – è di destra una legge che sottrae la definizione delle politiche della sicurezza nelle nostre città alla competenza esclusiva degli apparati, trasformando la sicurezza in bene comune e chiamando alla sua cogestione i rappresentanti liberamente eletti dal popolo, vale a dire i sindaci? È di destra un decreto che, per la prima volta nella storia repubblicana, risponde a una legittima richiesta di sicurezza con il solo strumento amministrativo, senza aumentare le pene o introdurre nuovi reati? È di destra un provvedimento che è stato scritto a quattro
mani con l’Anci, con sindaci italiani che vanno da Zedda a Nardella, da Decaro a Sala?”.

Sicurezza e decoro urbano, situazioni di grave incuria o degrado del territorio, orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio, occupazioni abusive, writer, arresto in flagranza differita di reato (rilevata da impianti di videosorveglianza), daspo (una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 300 euro e un ordine di allontanamento da dove si sia lesa la sicurezza dei luoghi e delle persone) sono i fronti di intervento che chiamano direttamente o indirettamente in causa l’azione dei sindaci. Il decreto stanzia inoltre 1.900 milioni di euro per quest’anno, 3.150 per il 2018 e 3.500 per il 2019 e 3.000 per ciascuno degli anni che vanno dal 2020 al 2032 finalizzati al recupero delle periferie. Prevede altresì di mettere le spese per la videosorveglianza fuori dal Patto di stabilità nei bilanci dei Comuni.

A chi avanza timori che i sindaci vengano trasformati in “sceriffi” Minniti risponde ricordando che essi non avranno il potere di disporre il daspo, che rimane ai questori, bensì di segnalare le aree urbane necessitanti di particolari sforzi di controllo del territorio. Ai prefetti le competenze sugli sgomberi di occupanti abusivi di immobili. I sindaci, quali rappresentanti delle comunità locali, possono ora adottare ordinanze dirette a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana.

“Le ordinanze contingibili e urgenti che il sindaco può adottare – recita il decreto – sono quelle dirette a prevenire e contrastare le situazioni che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, o fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti”.

Pur rimanendo quindi una ripartizione di competenze fra le figure dei sindaci, dei questori e dei prefetti, chiamati a stipulare dei “Patti per la sicurezza urbana” per la “prevenzione dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, la promozione del rispetto della legalità e la promozione del rispetto del decoro urbano”, l’aumento dei poteri dei sindaci espone tali cariche amministrative a possibili conseguenze giuridiche e più complessivamente “politiche” ulteriori ancora da valutare. Diventa infatti più probabile che all’interno di tutte queste numerose casistiche, molti potranno essere gli eventi riconducibili a ipotesi di un’insufficiente azione preventiva o deterrente adottata da parte dei primi cittadini. Si potranno cioè verificare casi in cui le vittime di determinati reati o disagi oggetto di questo decreto riterranno di chiamare i sindaci a rispondere personalmente di quanto subito, accusandoli di non aver ottemperato ai propri compiti previsti dal decreto stesso. Tema questo che si lega direttamente a quello della responsabilità civile ed eventualmente penale e della “colpa grave” che riguarda i detentori di cariche pubbliche, rispetto al quadro di tutele assicurative all’interno delle quali devono svolgere la propria attività amministrativa.

Medie imprese: se gestiscono il rischio, +38% di redditività

Medie imprese: se gestiscono il rischio,
+38% di redditività

Come non ci stanchiamo di ricordare, in Italia la cultura della gestione del rischio deve ancora fare passi da gigante prima di raggiungere i livelli auspicati. Se questo vale soprattutto, in termini percentuali, nel settore privato delle persone, delle famiglie, anche nel mondo produttivo dobbiamo ancora darci da fare. Un fattore determinante per far comprendere agli imprenditori l’importanza del tema Risk management è prendere consapevolezza dell’oggettività dei dati legati ai vantaggi sulla redditività che un miglioramento delle strategie al proposito produrrebbe. Le medie imprese italiane che adottano un metodo di gestione integrato e trasversale dei rischi presentano infatti una redditività maggiore del 38% rispetto a quelle che non dispongono di un sistema dedicato alla gestione del rischio.

A questo proposito vale la pena ricordare quanto emerso dall’ultima edizione dell’Osservatorio di Cineas – Consorzio Universitario fondato dal Politecnico di Milano – sulla percezione e gestione dei rischi da parte delle medie imprese, realizzata in collaborazione con Mediobanca, con il contributo di PER SpA. L’indagine ha preso in esame 280 aziende medie italiane, rilevandone un fatturato medio di 60 milioni di euro, in cui la quota dell’export ammonta al 45,5% e il numero medio dell’organico a 156 dipendenti.

“Rispetto alle scorse edizioni, nel 4° Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle medie imprese – ha spiegato il presidente di Cineas, Adolfo Bertani – abbiamo cercato anche di capire come nuovi fattori quali il terrorismo, gli eventi climatici estremi e le innovazioni dell’Industria 4.0 abbiano cambiato la percezione del rischio da parte degli imprenditori italiani.”

I rischi maggiormente percepiti dagli imprenditori italiani sono quelli provenienti dal mancato rispetto di obblighi normativi, come la sicurezza sul lavoro, la responsabilità civile per difettosità del prodotto e il rispetto della normativa fiscale. Al terzo posto troviamo un’area cui gli imprenditori sono sempre più attenti, quella del cosiddetto cyber risk.

“Da segnalare con positività è il rischio reputazionale al quinto posto che nella scorsa edizione dell’Osservatorio si trovava in una posizione molto più arretrata – è stato il commento di Gabriele Barbaresco, direttore dell’Ufficio Studi di Mediobanca – Questo appare coerente con la già dichiarata volontà da parte delle imprese di presidiare attentamente il contenuto qualitativo delle proprie produzioni.

Il rischio di imitazione del prodotto compare in ultima posizione, poiché le imprese fanno della qualità – che leggiamo nei rischi delle prime posizioni – il principale vantaggio competitivo”.
Redditività maggiore per le aziende che guardano ai rischi più avanguardistici
I dati evidenziano non solo che le imprese più evolute dal punto di vista della gestione del rischio riportano regolarmente performance economiche (ROI) più soddisfacenti, man mano che ci si sposta verso la gestione di rischi che esulano dall’obbligatorietà legale e che riguardano leve competitive come la reputazione, le competenze specifiche, il Cyber Risk e il rischio di imitazione del prodotto l’impresa risulta più efficiente in termini economici.

Aziende del settore alimentare protagoniste nella gestione dei rischi
Il settore più virtuoso nella gestione dei rischi è senz’altro quello Alimentare, dove i maggiori presidi sono dedicati alla tutela del prodotto contro la contraffazione e alla gestione del rischio reputazionale,
coerentemente con un settore che fa dell’autorevolezza del marchio e della sua sicurezza igienico-nutrizionale i propri vantaggi competitivi. Seguono i settori Chimico-Farmaceutico e Meccanico. Relativamente arretrate invece le imprese che producono Beni per la persona e per la casa e il settore Metallurgico.

FOCUS “NUOVI RISCHI”
Terrorismo: un’impresa su tre teme per l’incolumità dei propri dipendenti

Interrogati sui rischi legati al terrorismo è emerso che l’attuale contesto di crescente incertezza geopolitica ha aumentato la preoccupazione degli imprenditori. Quasi un’impresa su tre (30,7%) teme per i propri dipendenti condizionando la loro mobilità. Le preoccupazioni salgono al 35,7% dei casi quando si parla di supply chain. Ma è sotto il profilo commerciale che le imprese avvertono i rischi maggiori di instabilità, un’impresa su due infatti (51,3%) vede in pericolo le proprie vendite per una caduta della domanda dovuta all’alterazione che il rischio terrorismo può produrre sulle abitudini di consumo dei propri clienti.

Rischi climatici estremi: il 62% delle imprese è assicurato
Un’altra tipologia di rischio su cui si è raccolta l’opinione delle imprese riguarda i rischi ambientali legati a fenomeni climatici estremi, anche qui ciò che desta maggiore preoccupazione è il profilo commerciale (33,2%), seguito dal rischio di mancata integrità del ciclo di produzione e di approvvigionamento. Sulle calamità naturali però la percezione delle ricadute è più sfumata, anche perché il 61,9% delle imprese gode di una copertura assicurativa, rispetto alla componente terroristica su cui solo il 32,6% delle aziende è assicurato.

Industria 4.0: chi ne riconosce il valore ottiene performance economiche migliori
Per quanto riguarda la percezione sulle nuove frontiere tecnologiche e il loro impatto in tema di gestione del rischio aziendale, sono stati analizzati: l’utilizzo delle forme di automazione che escludono l’intervento umano, come l’auto senza pilota; la domotica; l’uso dei droni; il mobile e-health e l’utilizzo delle stampanti 3D.
Il quadro che emerge testimonia ancora una certa diffidenza verso queste innovazioni, delle quali maggiore rilevanza viene attribuita alla domotica. Ma mettendo a confronto la valutazione sulle diverse innovazioni e la redditività, risulta che le imprese che vi hanno attribuito maggiore rilevanza, sono anche le più profittevoli.

Chi gestisce il rischio in azienda? Per ora i consulenti
Nel 76% dei casi per la realizzazione del sistema di gestione del rischio si ricorre a partner esterni, spesso di natura consulenziale. Meno frequente la presenza assicurativa (28,8%).

“Per le compagnie di assicurazione questo dato apre grandi spazi di attività nello sviluppo di servizi di consulenza alle medie imprese per la gestione del rischio – afferma Adolfo Bertani, Presidente di Cineas – Se non lo faranno le compagnie qualcun’altro coglierà questa opportunità”. (fonte: Cineas)

Cosa fare in caso di incidente con o senza feriti, in strade normali o in autostrada

Cosa fare in caso di incidente con o senza feriti,
in strade normali o in autostrada

Quando si rimane vittime di un incidente stradale, ci sono comportamenti diversi da osservare sulla base delle dinamiche del sinistro. Nel caso le persone coinvolte non abbiano subito lesioni personali, non è per esempio strettamente necessario chiamare le Forze dell’ordine. Se le parti si trovano d’accordo nell’individuazione delle responsabilità, possono compilare il “Cid”, ossia il modulo per la constatazione amichevole. Grazie a esso si potrà ottenere il risarcimento del danno da parte dell’assicurazione in soli trenta giorni anziché sessanta. Se invece non trovate un accordo sulle colpe dell’incidente, rispetto alle norme del Codice stradale, avvierete una contestazione tramite la vostra compagnia assicurativa. Nel caso ci siano dei feriti, potete informare le forze dell’ordine e chiamare un’ambulanza. Più nel dettaglio vediamo le diverse casistiche.


Assenza di feriti
Accendete le luci di emergenza dei veicoli, indossate i giubbini fluorescenti; collocate a 100 metri il triangolo per segnalare agli altri autoveicoli l’intralcio nella sede stradale causato dai

mezzi fermi; scattate foto chiare dei veicoli così come sono e possibilmente rimuoveteli dal centro della strada; poi rimanete fuori dalle auto. Nel caso di incidente senza feriti, vi è l’obbligo dell’art. 189 comma 3 di non provocare intralcio alla circolazione.

Verificate se concordate o meno con l’altro conducente nell’interpretazione del sinistro. Se ciò avviene, compilate la prima pagina del Cid (le altre vengono impresse dalla carta copiativa) e producetelo alle compagnie assicurative interessate. Se non avete i moduli, scambiatevi i dati delle polizze mostrandoli alla controparte, i numeri delle patenti, i modelli dei veicoli coinvolti con targhe e colori e le vostre rispettive generalità. L’ideale sarebbe firmare una dichiarazione congiunta dove ognuno si prende le proprie responsabilità e ragioni per evitare fraintendimenti o successivi ripensamenti.

Se non si trova un accordo, chiamate le Forze dell’ordine le quali però, in assenza di feriti, potrebbero non intervenire ed esortarvi a svolgere i punti suddetti in autonomia. Di qui l’importanza di scattare foto circostanziate che saranno successivamente utili a chi dovrà decidere le responsabilità sulla base della documentazione fornita. Andando in causa si potrebbe arrivare anche davanti a un giudice.

Presenza di feriti in città
Dovete sempre fermarvi per prestare soccorso, altrimenti si può incorrere nei reati di fuga e omissione di soccorso. Chiamate immediatamente il 118 che vi porrà i quesiti previsti dai protocolli. Prestare assistenza non vuol dire tentare di curare il ferito, anzi, se chi ha causato il danno non ha competenze mediche, non deve muovere i contusi e tentare di curarli, soprattutto se non sono coscienti. Tantomeno può valutare se l’intervento di personale specializzato sia o no necessario. Quindi chiamatelo. È sufficiente chiedere l’intervento di un’ambulanza per assolvere l’obbligo di prestare soccorso imposto dal Codice della Strada. Volendo si può anche, in alternativa, chiamare il 112, essendo un numero capace di interfacciarsi con tutte le autorità di pubblica sicurezza e sanitarie. Nei sinistri gravi si può quindi verificare l’eventualità di non poter rimuovere i feriti né i veicoli; ottemperate sempre all’obbligo di collocare il triangolo che segnali l’ostacolo alla circolazione da essi causato.

Presenza di feriti in autostrada

Nel caso il sinistro sia avvenuto in autostrada è necessario accendere subito le luci di emergenza e possibilmente spostare i veicoli dalla sede di scorrimento stradale alla corsia d’emergenza o in una piazzola. Scendete dal veicolo non senza aver indossato i giubbini catadiottrici. Mettere a una distanza di 100 metri il triangolo e chiamare il soccorso stradale se i mezzi non sono in grado di proseguire la marcia. Essendoci dei feriti, chiamate la Polizia stradale utilizzando preferibilmente le apposite colonnine tramite le quali la vostra posizione sarà individuata con maggiore precisione che se usaste un telefonino. Diversamente utilizzerete il numero 113. Scambiatevi tutti i dati con gli altri conducenti come già descritto sopra.

Reggio Emilia: un pacchetto di tutele contro i furti in abitazione

Reggio Emilia: un pacchetto di tutele contro i furti in abitazione

Assicurazioni come partner dell’ecosistema socio-economico. Un esempio di buona pratica grazie a una partnership fra Cooperativa La Betulla e Union Brokers. Nasce la polizza gratuita contro le effrazioni per tutti i soci.

Chi ci segue avrà notato frequenti riferimenti a un cambiamento in corso nel mondo assicurativo che sta trasformando le compagnie in soggetti pronti a intervenire in aspetti sempre più vicini alle esigenze della vita quotidiana. Spesso ciò avviene secondo modalità che permettono riflessi virtuosi verso comportamenti e abitudini e trasformano le compagnie stesse in “partner dell’ecosistema socio-economico”, secondo una definizione che ci piace utilizzare.
Si pensi all’abbinamento fra polizze RC auto e scatola nera da installare sui veicoli: essa da un lato permette alle compagnie di avere nozione precisa delle dinamiche di un sinistro, spinge dall’altro il cliente a tenere condotte di guida meno pericolose, essendo queste tracciate attimo per attimo dal dispositivo. Creando di noi un “profilo conducente” buono, possiamo ottenere particolari condizioni di sconto che premiano le abitudini di guida affidabili.

Un altro esempio è quello della casa “domotica”, dove il controllo digitale evoluto di vari aspetti dell’impiantistica e delle tecnologie domestiche può abbassare i consumi e viene visto in termini positivi dalle compagnie quando si vogliano stipulare polizze sull’abitazione, per l’efficace effetto che la domotica ha anche sulla prevenzione da incidenti, effrazioni per furti e via dicendo.

A Reggio Emilia parte in queste settimane un tipico esempio di buona pratica in questo senso, che nasce da una partnership fra la struttura di consulenti assicurativi Union Brokers e la storica cooperativa La Betulla. Tutti i soci della cooperativa che ne faranno richiesta potranno infatti accedere gratuitamente a una polizza assicurativa sulla propria abitazione comprendente un pacchetto di servizi di eccezionale completezza pensati per chi abbia subito danni per furto.

Attraverso un numero verde funzionante 24 ore su 24 si potrà contare su: invio di una guardia giurata in attesa che la casa sia rimessa in sicurezza, invio di artigiani per riparazioni di eventuali danni da effrazione, una collaboratrice domestica per risistemare la casa. E ancora: spese d’albergo qualora i danni all’abitazione costringano il proprietario ad alloggiare in altra sistemazione temporaneamente e le spese per il rinnovo di documenti d’identità rubati.

La cultura della gestione del rischio non è solo un valore aggiunto delle realtà aziendali, ma deve diventarlo complessivamente nei costumi comportamentali di ognuno di noi, delle famiglie, nel privato. Union Brokers, prima azienda italiana nel settore delle consulenze assicurative ad aver ottenuto la certificazione di sistema di responsabilità sociale SA8000:2008 ha ritenuto coerente con i propri valori ispiratori farsi parte attiva in questa iniziativa e in sintonia con l’operare della Cooperativa La Betulla è pronta a favorire questo servizio che partirà dal 1° marzo di quest’anno, come già accennato, a titolo completamente gratuito per i soci destinatari.

Tutto si può assicurare

Tutto si può assicurare
L’esempio della polizza di 50 mln di dollari della Disney sull’attrice Carrie Fisher come spunto per una riflessione sulla cultura della gestione del rischio. Fino a scoprire che i player assicurativi sono sempre più votati a un ruolo di motore di prevenzione e corretti stili di vita come partner dell’ecosistema socio-economico

Carrie Fisher, amata principessa Leia (o Leila) della saga di Star Wars, è come tutti sanno mancata il 27 dicembre in conseguenza di un infarto occorsole durante un volo fra Londra e Los Angeles. Ha aggiunto struggimento per tutti il fatto che la madre, la celebre attrice Debbie Reynolds, sia spirata il giorno immediatamente successivo. Una suprema drammaturgia poetica ha voluto suggellare la fine delle due artiste in modo commovente, dando forza simbolica e rappresentativa ulteriore alla loro ultima uscita di scena.

La vicenda, nella sua spettacolarità narrativa da sequenza cinematografica, offre un risvolto che ci trasferisce di botto su un piano di tutt’altro genere, all’insegna del pragmatismo anglosassone. Il sito web londinese “Insurance Insider” ha infatti diramato una notizia, poi ripresa dal Daily Telegraph e altre testate, a proposito della polizza assicurativa da 41 milioni di sterline (circa 50 milioni di dollari) che la Disney, che possiede la Lucasfilm e il franchise di Star Wars, aveva stipulato con i Lloyds di Londra sulla vita dell’attrice scomparsa.


Legata da decenni alle vicende dell’epopea concepita da George Lucas – che ne ha venduto i diritti alla Disney nel 2012 per 4 miliardi di dollari, dissentendo da come il colosso produttivo voleva sviluppare i successivi episodi – Carrie Fisher rappresentava un elemento iconico troppo forte: se per qualche motivo non avesse potuto continuare a legare la propria figura alla saga, secondo la Disney avrebbe messo a rischio la tenuta in termini di suggestione e attrattiva verso i fan dei futuri episodi previsti.

Di qui la decisione di stipulare una polizza ad hoc che fa venire in mente altre simili coperture che il mondo assicurativo permette, come quella del cosiddetto “uomo chiave” che grandi aziende possono attivare “sulla testa” diciamo così di qualche figura fondamentale del proprio staff, o vengono accese sull’attività di campioni dello sport appartenenti a prestigiose società e via dicendo.

Gestione del rischio, un cambiamento epocale

Il concetto è insomma “tutto si può assicurare”. Al punto che in certi paesi esteri sono possibili addirittura polizze assicurative che coprono per esempio le spese legali e risarcitorie comminate a criminali riconosciuti colpevoli di determinati reati, o ad aziende ree di attività illegali non conformi alle norme e procedure.

Il mondo assicurativo offre cioè un fronte di possibili tutele sempre più variegato e capace di rispondere a molte esigenze di sicurezza e qualità della vita delle persone, dei soggetti aziendali, istituzionali, della società. In Italia la cultura del “Risk management”, la gestione del rischio, deve ancora fare molta strada. Deve aumentare la consapevolezza dell’importanza di determinati strumenti che le compagnie possono mettere a disposizione della clientela, poiché esse stanno diventando sempre più soggetti attenti ad aspetti sostanziali della vita delle persone, dell’esistenza, nell’ottica del servizio. In un modo cioè che porta ricadute positive anche a monte del verificarsi di determinati fatti critici e sinistri, direttamente sulla qualità della vita e delle prassi della nostra quotidianità, in chiave quindi anche preventiva e migliorativa. Il mondo assicurativo si sta evolvendo e si propone sempre più come vero e proprio partner dell’ecosistema socio-economico. Un’evoluzione che porterà quindi a valorizzare anche la prevenzione, indirizzando abitudini e comportamenti virtuosi e stili di vita più sani.