Aziende: danni da eventi climatici e polizze. Italia in ritardo come al solito

 

Aziende: danni da eventi climatici e polizze: 

Italia in ritardo come al solito

Tempestività in Italia? “Non pervenuta”. Le tempeste sì però, sempre più spesso. Tanto per cambiare altrove si sono attivati da tempo prima di noi. Nella prevenzione del rischio legato al maltempo le aziende americane sono infatti più avanti di quelle italiane. Il fatto è che ben il 70% di esse sono esposte in qualche forma, anche quelle non necessariamente appartenenti al comparto agricolo. Si pensi che nel 2016 negli Usa i danni per la sola cosiddetta “grandine grossa” ammontano a bilioni di dollari. Immaginate altri settori come i voli aerei interni per esempio. Ma anche l’energia, la vendita al dettaglio, gli alimentari, l’abbigliamento, il turismo, la distribuzione, trasporti ed edilizia si rivelano non meno sensibili a cambiamenti climatici anche modesti, quanto lo sono alle variazioni dei tassi di interesse o di cambio.

Del resto, alcuni punti percentuali di Pil sono mangiati dagli eventi “ordinari”, si intende che i dati non comprendono i costi imprevisti associati a quelli estremi, come uragani o tornado: si parla di comuni giornate di pioggia quando sarebbe previsto un sole primaverile, che ritarda per esempio le vendite delle collezioni primavera-estate nel fashion, di certi alimentari tipicamente stagionali (gelati) o le prenotazioni di viaggi e vacanze. Ma anche, nel settore energetico, la mancanza di vento o di sole può ridurre la prevista produzione di energia eolica/solare, nelle economie in cui le fonti rinnovabili hanno già un certo peso, come ad esempio in Germania.

Come difendersi

La gestione del rischio climatico consiste nel controllo dei rischi finanziari direttamente o indirettamente collegati al verificarsi di un evento meteorologico osservabile, o alla variabilità in un indice quantitativo sugli sbalzi di tempo atmosferico. Le coperture sono basate sulla registrazione accurata di dati meteo indipendenti, che vengono poi utilizzati in un indice sviluppato su misura per l’azienda di cui deve misurare la sensibilità del fatturato appunto a quelle variazioni. La disponibilità di dati meteo aggiornati è migliorata notevolmente negli ultimi dieci anni, migliorando così parallelamente la possibilità di effettuare una gestione strategica del rischio meteo e consentendo di prevedere coperture ad hoc anche in località remote del globo. L’abilità nella gestione del rischio tempo sta appunto nell’identificare e costruire l’indice giusto che rappresenti fedelmente il fenomeno e il relativo impatto sul business del cliente.

In Olanda c’è il “Frost Day”

Per far fronte a quest’ordine di rischi, il settore assicurativo ha sviluppato –specie in Paesi dai climi particolarmente ostili – soluzioni innovative a sostegno delle attività economiche più esposte a rischi climatici: ad esempio, in Olanda, dove il clima è ben più rigido del nostro per molti mesi all’anno, esistono clausole contrattuali che consentono agli operai edili di non lavorare (mantenendo comunque la paga pattuita): quando la temperatura scende al di sotto di una prefissata soglia ritenuta pericolosa per lavorare all’aperto, gli operai restano a casa, percepiscono la paga e la copertura assicurativa “Frost day” indennizza l’imprenditore del costo per le giornate lavorative perse.

E in Italia?

 In questo campo ci troviamo ancora ai primordi: si sta iniziando ora a offrire anche alle imprese nostrane prodotti assicurativi centrati sulla copertura dai rischi climatici. Si cominciano a sviluppare soluzioni ad hoc per il rischio climatico: non si tratta di polizze standardizzate, bensì di soluzioni tailor made che partono in primo luogo da un’analisi del rischio specifica per il settore merceologico di attività ed il singolo cliente in questione, per poi fornire una risposta ad hoc alle esigenze di quest’ultimo.

Ad esempio, per gli agricoltori italiani produttori di cereali, il clima è un fattore chiave del business, come per i sopracitati produttori di energia eolica tedeschi; un periodo di gelo durante la semina, una calura eccessiva mentre crescono le piante o piogge insistenti prima e durante la mietitura sono fra i fattori in grado d’impattare notevolmente sul raccolto e quindi sul fatturato dell’azienda agricola. Se chiedete a un agricoltore cosa teme per i propri raccolti, vi dirà che i fertilizzanti si possono controllare e che – perlopiù – di incendi non ne sono mai scoppiati, quindi alla fine il clima è l’unica vera preoccupazione. Quindi una polizza sui rischi climatici può essergli assai più utile di una tradizionale polizza sul raccolto, che copre tutti i rischi, da quelli legati ai pesticidi agli incendi e così via, perché in quelle coperture la valutazione del danno climatico subìto dipende dal perito, quindi si possono verificare controversie e a volte i rimborsi arrivano anche dopo un paio d’anni. Mentre con una polizza sul clima l’indennizzo è stabilito oggettivamente dall’intensità – poniamo – di precipitazioni registrate nel periodo e quindi si viene pagati nel giro di qualche giorno, indipendentemente dalla ricchezza o meno del raccolto finale.

Siamo ai primi passi di un segmento assicurativo per il mercato italiano nuovo ma promettente e da tenere sotto la lente, perché è probabile che presto ci riservi sviluppi molto interessanti. (Fonte Cineas)

Polizze per veicoli aziendali: scegliere è materia per esperti

 

Polizze per veicoli aziendali: 

scegliere è materia per esperti
Le aziende che possiedono un parco veicoli devono affrontare il difficile passo di individuare la miglior polizza presente sul mercato per assicurarli, in un moltiplicarsi di problematiche che si aggiungono a quelle che normalmente deve affrontare un proprietario d’auto privata. Problematiche più insidiose di quanto la moda del “fai da te” online oggi così diffusa possa lasciar presupporre ai profani della materia.

Districarsi in questo difficile e vasto mondo viene infatti da alcuni definito una “impresa epica” e per un’azienda, che si trova in quel momento a rivestire il ruolo di cliente delle compagnie in un rapporto B2B (Business to business), il fronte di aspetti da considerare è vastamente complesso, materia per professionisti insomma.

 
Qual è la soluzione?
Rispetto al privato, restano validi principi come il mantenimento delle classi di merito se i conducenti sono i medesimi – cosa possibile anche nel caso alla polizza aziendale se ne voglia aggiungere una per un veicolo personale – e la comodità di prevedere scadenze uguali per contratti stipulati successivamente al primo.

Naturalmente sulla polizza dovranno essere specificate le generalità dell’utilizzatore del veicolo, che può essere un dipendente, anche a tutela del datore di lavoro in caso di responsabilità nei sinistri. Il conducente effettivo infatti è il responsabile degli eventuali danni provocati, intenzionalmente o in casi di negligenza.

Lo specifico del contesto lavorativo solleva altri elementi che entrano nella parametrizzazione di costi e condizioni, si pensi alla rischiosità insita nell’attività lavorativa in sé, che può cambiare da azienda ad azienda, da settore a settore: se il lavoro è ad alto rischio di incidenti la responsabilità gravante nei confronti del conducente sarà minore. Ma anche la capacità oggettiva del conducente può essere una variabile, in più connessa a eventuali percorsi formativi previsti o meno dall’azienda stessa per evitare concorsi di colpa; inoltre possono incidere sul premio la situazione finanziaria dei datori di lavoro e dei dipendenti conducenti i veicoli, oltre allo stipendio di questi ultimi.

In tempi recenti, sono aumentate le polizze anche per i liberi professionisti, cosa che amplia la casistica di tipologie presenti sul mercato, complicando peraltro la scelta di quella più idonea per le rispettive esigenze di questo o quel soggetto stipulante. Anche perché sono molte le personalizzazioni possibili offerte dalle diverse compagnie. Per molteplici motivi quindi è consigliabile per aziende e professionisti affidarsi alla consulenza di figure esperte del settore, che saranno in grado di analizzare e valutare le specifiche esigenze di ognuno per individuare fra tutte le offerte del mercato i tipi di polizze più convenienti nel rapporto qualità prezzo e più idonei a offrire le coperture e tutele effettivamente necessarie.

Dalla rete opportunità ma anche molti rischi e le contromisure tecnologiche non bastano

Dalla rete opportunità ma anche molti rischi e le contromisure tecnologiche non bastano.

L’importanza di un’adeguata tutela assicurativa

L’ingresso del web nella vita di tutti noi ha rappresentato dagli anni Novanta una progressiva rivoluzione copernicana in moltissimi aspetti del nostro quotidiano, sia nelle attività professionali che di studio e di svago; ha modificato e sta modificando i nostri costumi nelle relazioni, negli acquisti, nelle convinzioni politiche. Non esistono probabilmente aspetti della vita moderna che possano dirsi completamente esenti da qualche interazione con le nuove tecnologie e con la rete.

I testi sacri, nonché le linee guida internazionali nella “Gestione del rischio” identificano cinque grandi famiglie di criticità da tenere sotto controllo: rischi operativi, rischi finanziari, rischi strategici, rischi organizzativi, rischi di pianificazione aziendale e di reporting.

I rischi derivanti dal web, cosiddetti “cyber risk”, proprio in virtù di quanto dicevamo in apertura di articolo, possono trasversalmente riguardare tutte le cinque suddivisioni tradizionali suddette, configurandosi come una sorta di “macro-categoria” determinata dall’evoluzione tecnologica.

Più precisamente, il rischio informatico può essere definito come il rischio di danni economici (rischi diretti) e di reputazione (rischi indiretti) derivanti dall’uso della tecnologia, intendendosi con ciò sia i rischi impliciti nella tecnologia (i cosiddetti rischi di natura endogena) che i rischi derivanti dall’automazione, attraverso l’uso della tecnologia, di processi operativi aziendali (i cosiddetti rischi di natura esogena).

I rischi propriamente detti di natura endogena sono:

· Naturali: incendi, calamità naturali, inondazioni, terremoti.

· Finanziari: variazione dei prezzi e dei costi, inflazione.

· Strategici: concorrenza, progressi scientifici, innovazioni tecnologiche.

· Errori umani: modifica e cancellazione dei dati, manomissione volontaria dei dati.

Quelli di natura esogena, o di natura operativa, sono invece i rischi connessi alle strutture informatiche che compongono i sistemi. E cioè:

· Danneggiamento di hardware e software.

· Errori nell’esecuzione delle operazioni nei sistemi.

· Malfunzionamento dei sistemi.

· Programmi indesiderati.

Quali ne possono essere le cause? I programmi “virus”, concepiti per insinuarsi nelle funzioni dei sistemi informatici, ma anche le truffe informatiche e dobbiamo estendere la casistica anche ad aberranti tipologie come la pedopornografia, il cyberbullismo, i ricatti a sfondo sessuale derivanti da video chat on line.

Ne deriva che siamo oggi chiamati a una presa di coscienza, a un adeguamento culturale che faccia maturare una piena consapevolezza del concetto di sicurezza informatica, l’unica che possa davvero metterci al riparo da sgradevoli sorprese.

Le statistiche sono impietosamente inquietanti: ogni giorno vengono compiuti migliaia di attacchi informatici attraverso le tecniche più varie e termini come malware, ransomware, trojan horse, account cracking, phishing, 0-dayvulnerability sono diventati parte del vocabolario anche per i non esperti.

J. Edgar Hoover, capo dell’FBI (Federal Bureau of Investigation) moltissimi anni fa affermava: “L’unico computer a prova di hacker è quello spento, non collegato a Internet e chiuso a chiave in una cassaforte”. Possiamo dire che sia così davvero. Purtroppo, appena un computer viene acceso diventa potenzialmente vulnerabile e può essere attaccato, ad esempio durante l’installazione di eventuali aggiornamenti al sistema operativo. Ne avete appena fatto uno? Non vorremmo mettervi qualche preoccupazione addosso, ma…

Sono insomma necessarie delle contromisure specifiche, professionali, estese, ben concepite. Quelli che un tempo chiamavamo i “calcolatori”, i computer che entrano in ogni aspetto della nostra vita e dell’attività di aziende, enti, professionisti, oltre alle reti di telecomunicazione, necessitano di protezione anche se come in qualsiasi ambiente la sicurezza assoluta non è concretamente realizzabile.

Il modo per proteggersi è imparare a riconoscere le origini del rischio. Gli strumenti di difesa informatica sono molteplici, si pensi antivirus, antispyware, blocco popup, firewall ecc., ma tuttavia non sempre si rivelano efficienti, in quanto esistono codici malevoli in grado di aggirare facilmente le difese, anche con l’inconsapevole complicità degli stessi utenti.

Di recente si sta assistendo alla nascita di una nuova modalità di prevenzione del rischio informatico: il Trusted Computing. L’espressione inglese Trusted Computing (TC, letteralmente informatica fidata o calcolo fidato) si riferisce ad una tecnologia nascente con l’obiettivo dichiarato di rendere dispositivi come computer o telefoni cellulari più sicuri mediante l’uso di opportuni hardware o software.

Il TC si basa sull’uso della crittografia. Dunque l’obiettivo del TC non è quello di introdurre nuovi strumenti software per fronteggiare i rischi ed attacchi connessi a sistemi informatici e a reti di telecomunicazioni, ma bensì di costruire sistemi hardware o software non abilitati a determinate funzioni in grado di comprometterne la sicurezza, nonché il controllo attraverso Internet, del rispetto delle limitazioni di funzionalità da parte degli utenti dei sistemi.

Il Risk management

Un altro aspetto di notevole importanza del rischio informatico e di interesse per gli studi professionali su cui dobbiamo soffermare la nostra attenzione è il risk management.

Si tratta di quel processo attraverso il quale si misura o si stima il rischio e successivamente si sviluppano le strategie per fronteggiarlo.

La gestione del rischio, così come descritto nella Convenzione Interbancaria per i problemi dell’Automazione (CIPA) nel rapporto sul rischio informatico si articola in diverse fasi:

· Identificazione del rischio;

· Individuazione delle minacce;

· Individuazione dei danni che possono derivare dal concretizzarsi delle minacce e la loro valutazione;

· Identificazione delle possibili contromisure per contrastare le minacce arrecate alle risorse informatiche.

Diverse sono le modalità di gestione del rischio. A seconda del livello di rischio che un soggetto sia esso un’azienda, persona o ente ritiene accettabile si distinguono:

· Evitare: si modificano i processi produttivi, modalità di gestione ed amministrazione con lo scopo di eliminare il rischio.

· Trasferire il rischio ad un altro soggetto: il trasferimento del rischio avviene nei confronti di assicurazioni, partner e si tratta principalmente di rischi economici perché più facilmente quantificabili.

· Mitigare: consiste nel ridurre, attraverso processi di controllo e verifica, la probabilità del verificarsi del rischio o nel limitarne la gravità delle conseguenze nel caso in cui si verifichino.

· Accettare: ossia assumersi il rischio ed i relativi costi.

Dobbiamo quindi affidarci a professionisti preparati per fornire tutti questi requisiti tecnici operativi, ma altrettanto importante è considerare anche l’impossibilità di poter evitare al cento per cento le probabilità di qualche falla e considerare assolutamente anche strategie assicurative adeguate, per limitare i danni che possono derivare dal malfunzionamento dei nostri sistemi, della gestione di dati sensibili della clientela, dell’erogazione di servizi e prestazioni peculiari delle nostre attività.

Polizze online: scoperti altri siti truffa

Polizze online: scoperti altri siti truffa

La denuncia è dell’Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni. Il fai da te sulla rete non è mai privo di insidie

Ancora casi di polizze truffaldine vendute online. A denunciarlo è l’Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle attività assicurative, che in un recente comunicato stampa ha diffuso la notizia. Non si tratta del primo caso e con grande probabilità neanche dell’ultimo.

Nella sua nota l’IVASS rende noto “che è stata segnalata la commercializzazione di polizze r.c. auto contraffatte, anche aventi durata temporanea, per il tramite dei siti internet www.polizza4mesi.com e www.reassicurazioni.it, che non sono riconducibili ad alcun intermediario assicurativo iscritto nel Registro.

Pertanto l’attività di intermediazione assicurativa svolta attraverso tali siti è irregolare”.
L’IVASS raccomanda sempre “di adottare le opportune cautele nella sottoscrizione tramite
internet di contratti assicurativi, soprattutto se di durata temporanea, verificando, prima della sottoscrizione dei contratti, che gli stessi siano emessi da imprese e tramite intermediari regolarmente autorizzati allo svolgimento dell’attività assicurativa e di intermediazione assicurativa”.

Come difendersi


Per fare questo è possibile consultare direttamente il sito www.ivass.it che reca gli elenchi delle imprese italiane ed estere ammesse ad operare in Italia (elenchi generali ed elenco specifico per la r.c. auto); l’elenco degli avvisi relativi ai casi di contraffazione o società non autorizzate e ai siti internet non conformi alla disciplina sull’intermediazione già riscontrati;
Nel sito dell’Ivass è inoltre reperibile il Registro unico degli intermediari assicurativi e l’Elenco degli intermediari dell’Unione Europea.

Quando navigate alla ricerca di polizze online sapete di esporvi a molte insidie rappresentate dalla presenza sul web, insieme a molte realtà certificate e affidabili, di soggetti altri dediti a pratiche meno limpide e truffaldine. Come l’Ivass ricorda, in tutti i siti assicurativi della rete tutti coloro che esercitano l’attività di intermediazione di polizze devono sempre indicare:

a) i dati identificativi dell’intermediario;
b) l’indirizzo della sede, il recapito telefonico, il numero di fax e l’indirizzo di posta elettronica;
c) il numero e la data di iscrizione al Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi nonché l’indicazione che l’intermediario è soggetto al controllo dell’IVASS.

Per gli intermediari dello Spazio Economico Europeo (SEE) abilitatati a operare in Italia il sito internet deve riportare, oltre ai dati identificativi e ai recapiti sopra indicati, anche l’indicazione dell’eventuale sede secondaria, nonché la dichiarazione del possesso dell’abilitazione all’esercizio dell’attività in Italia con l’indicazione dell’Autorità di vigilanza dello Stato membro di origine.

I siti o i profili Facebook (o di altri social network) che non contengono le informazioni sopra riportate non sono conformi alla disciplina in tema di intermediazione assicurativa ed espongono il consumatore al rischio di stipulare polizze contraffatte.

Nel caso vogliate richiedere ulteriori chiarimenti e informazioni potete contattare il Contact Center dell’IVASS al numero verde 800-486661 dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 14.30.