In un anno raddoppiate le imprese attive nel welfare aziendale

 

In un anno raddoppiate le imprese attive nel welfare aziendale

Le piccole e medie imprese sono sempre più attente al welfare aziendale per il benessere dei dipendenti. Sanità integrativa, conciliazione vita-lavoro, sostegno alla maternità, iniziative sul territorio, ma anche attività per il tempo libero e la cultura. Queste sono le aree del welfare cresciute più velocemente nell’ultimo anno.

I fattori chiave per la futura crescita del welfare nelle piccole e medie imprese italiane sono la conoscenza delle norme, degli incentivi e degli strumenti del welfare aziendale, insieme alla possibilità di aggregarsi in rete di impresa.

È quanto emerge dal Rapporto 2017 – Welfare Index PMI, promosso da Generali Italia con la partecipazione delle maggiori confederazioni italiane (Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni), che per il secondo anno ha analizzato il livello di welfare in 3.422 PMI italiane (+60% rispetto al 2016).

Il Rapporto 2017

Welfare Index PMI ha monitorato le iniziative delle imprese in dodici aree (previdenza integrativa, sanità integrativa, servizi di assistenza, polizze assicurative, conciliazione vita- lavoro, sostegno economico, formazione, cultura e tempo libero, sostegno ai soggetti deboli, sicurezza e prevenzione, welfare allargato al territorio e alle comunità).

Le protagoniste della crescita sono state le imprese già attive, cioè quelle che avevano avviato piani di welfare aziendale anche negli anni precedenti. In particolare, le imprese molto attive, che attuano iniziative in almeno sei aree, sono quasi raddoppiate: 18,3% del totale rispetto al 9,8% del 2016.

Le aree che sono cresciute di più rispetto allo scorso anno sono:

  • La sanità integrativa (47% delle Pmi ha realizzato almeno un’iniziativa, rispetto al 39% del 2016).
  • La conciliazione vita-lavoro (31% aziende attive, rispetto al 22%), con iniziative di flessibilità dell’orario e dell’organizzazione del lavoro (lavoro a distanza, estensione congedi maternità e paternità).
  • Welfare allargato al territorio (23% aziende attive, rispetto al 15%), dove spiccano i contributi alle comunità locali per attività di volontariato e centri ricreativi, che le Pmi hanno un forte legame con il loro territorio.
  • Cultura, ricreazione e tempo libero (5% delle aziende attive, rispetto al 3%), con incentivi per i dipendenti per eventi culturali e tempo libero (convenzioni con palestre, abbonamenti o biglietteria per cinema e spettacoli, formazione extraprofessionale – musica, teatro, fotografia).

Tra le altre aree rimane stabile, ma di fondamentale importanza, la previdenza integrativa: il 40% delle imprese intervistate ha dichiarato di avere attuato iniziative per integrare le prestazioni del sistema pensionistico a favore dei propri dipendenti.
Tuttavia, l’indagine evidenzia che la maggior parte delle Pmi sta ancora muovendo i primi passi nel welfare aziendale: il 58% ha iniziative in non più di tre aree, a dimostrazione che il welfare aziendale si sta sviluppando in modo graduale.

L’area geografica non è significativa, determinante è la dimensione delle imprese

Come nella scorsa edizione, non c’è una differenza significativa a livello geografico: la diffusione territoriale delle iniziative non cambia tra Nord, Centro e Sud. Ad esempio, la sanità integrativa è stata adottata da almeno una Pmi nel 35,6% a Nord, nel 34,3% al Centro e nel 33,5% al Sud.

Quello che differenzia molto il tasso di iniziative di welfare è la dimensione aziendale. Sempre sulla sanità integrativa, si passa dal 23,7% delle imprese con meno di 10 addetti, fino al 72,4% delle imprese dai 100 fino al 250 addetti. Ciò significa che le Pmi hanno il problema di come strutturare le iniziative di welfare su una popolazione minima di lavoratori in azienda. Non è solo un tema di risorse, ma anche di informazioni disponibili e di competenze interne.

Fattori chiave di successo: la conoscenza degli strumenti e le alleanze tra imprese

Il principale fattore di successo dell’adozione di misure di welfare aziendale è la conoscenza, ovvero l’informazione sulle norme, sulle opportunità fiscali e sugli strumenti di welfare, come i flexible benefits: solo due aziende su 10 hanno una conoscenza precisa delle regole e degli incentivi del welfare aziendale, e sono le più attive. Le alleanze e le reti d’impresa sono la via che permette alle Pmi di raggiungere la massa critica. Nel 22% dei casi, le aziende più attive si sono associate con atre imprese o hanno utilizzato servizi comuni di tipo associativo.

Risultati del welfare aziendale: migliora la soddisfazione e fidelizzazione dei lavoratori

Welfare Index PMI ha chiesto alle Pmi l’obiettivo per cui adottano iniziative di welfare aziendale e quali sono stati i risultati. La maggior parte (50,7%) ha dichiarato che lo scopo principale è migliorare la soddisfazione dei lavoratori e il clima aziendale. Il 16% la fidelizzazione e la produttività del lavoro. Sul primo obiettivo, il 71% delle imprese molto attive (in almeno 6 aree) ha dichiarato di aver già ottenuto risultati positivi e di attendersi ulteriori miglioramenti nel lungo periodo.

3.422 imprese dei 5 settori produttivi e terzo settore

La ricerca è stata condotta su un campione di 3.422 Pmi, il 60% in più rispetto allo scorso anno (2.140 imprese nel 2016). In particolare, è stata monitorata la crescita del welfare aziendale nel 2016, anno fondamentale per il welfare, grazie a nuove norme che hanno introdotto importanti incentivi alle iniziative delle imprese. Rispetto alla prima edizione, l’indagine è stata allargata a 5 settori produttivi (lo scorso anno erano 3): industria, commercio e servizi, agricoltura, artigianato, studi e servizi professionali, più il terzo settore.

RATING WELFARE INDEX PMI E LE AZIENDE PREMIATE

Quest’anno Welfare Index PMI ha introdotto un’importante novità: il Rating Welfare Index PMI, uno strumento che permette alle imprese di comunicare il proprio livello di welfare in modo più semplice e immediato, facendo diventare il welfare aziendale un vantaggio competitivo, oltre che a stimolare un percorso di crescita.

Tutte le imprese partecipanti all’indagine sono state classificate con un valore crescente da 1W a 5W, sulla base dell’ampiezza e del contenuto delle iniziative, dell’originalità e delle politiche di welfare.

5W – Welfare Champion (ampiezza molto rilevante, almeno 8 aree, intensità elevate)

4W – Welfare Leader (ampiezza rilevante, almeno 6 aree, discreta intensità)

3W – Welfare Promoter (ampiezza superiore alla media, almeno 5 aree, più di una iniziativa per area)

2W – Welfare Supporter (ampiezza media, attive in almeno 3/4 aree)

1W – Welfare Accredited (welfare in fase iniziale, attive in meno di 3 aree)

(fonte: Welfare Index PMI)

Patente: ma voi sapete quanti punti avete?

Patente: ma voi sapete quanti punti avete?

La patente a punti è stata introdotta nel nostro ordinamento dal 1° luglio del 2003, sono quindi passati ormai quattordici anni.
Tale meccanismo fu adottato con il nobile scopo di rendere più responsabili gli automobilisti nella gestione del proprio modo di guidare, per ridurre gli incidenti stradali fino agli eventi più pericolosi. Il meccanismo a punti dovrebbe anche permettere di focalizzare l’attenzione e gli atti sanzionatori su coloro che più di frequente adottano comportamenti alla guida poco consoni, penalizzandoli maggiormente rispetto a chi invece incorre in “incidenti di percorso” se ci è concesso un piccolo gioco di parole, episodici, ma ha tendenzialmente un costume alla guida più corretto.

Dopo tutto questo tempo però alla patente a punti si associa ancora una certa aura di mistero e ambiguità e sono moltissimi gli automobilisti che ne ignorano le caratteristiche in dettaglio. Così come al contempo ignorano magari la posizione personale rispetto al punteggio reale del proprio titolo di guida. Giovani e anziani hanno ancora diffusamente dubbi sulla patente a punti insomma.

Quanti punti ho?

Quando viene rilasciata la patente ai neopatentati e da quel dì in cui il sistema entrò in vigore per chi la patente già l’aveva, il titolare della stessa ha una dote di 20 punti.
Ogni volta che si commette una violazione del codice della strada, oltre ad essere soggetti a una sanzione amministrativa ed eventualmente (nelle ipotesi più gravi) a un provvedimento sulla patente o sulla carta di circolazione, è prevista una decurtazione di un ammontare pari a quanto previsto per legge, secondo la tabella riportata all’art 126 bis del codice della strada.
Va considerato che se le infrazioni commesse sono più di una contemporaneamente, i punti che si perdono non possono essere più di 15, salvo che la gravità delle stesse non comporti direttamente una revoca o sospensione della patente.
Chi al contrario non commette infrazioni al codice, ogni biennio viene “premiato” acquisendo due punti aggiuntivi, fino a maturarne un massimo di 30. Dal 13 agosto 2013 per i neopatentati è stato previsto un ulteriore meccanismo premiale: nel caso in cui non si incorra in nessuna infrazione, sulla patente verrà attribuito ogni anno un altro punto fino ad un massimo di 3.

Ma come si fa a conoscere a che “punto” siamo nell’accumulo dei punti?

Per conoscere o verificare il saldo dei punti sulla patente si può accedere al Portale dell’Automobilista del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il saldo della propria posizione si potrà facilmente ottenere una volta effettuata la registrazione al portale stesso.
Oppure basterà una telefonata da rete fissa al numero 848 782 782 che rimane attivo 24 ore su 24.

Come posso recuperare i miei punti?
Se commettete un’infrazione per la quale è prevista la decurtazione fino a 5 punti, per poterli recuperare dovrete rispettare il codice della strada per anni, ogni biennio vedrete incrementare il vostro saldo patente di due punti. Se invece si incorre in una violazione del codice stradale che comporta una perdita di punti superiore ai 5, dovrete frequentare un corso presso una scuola guida e sostenere uno specifico esame, sia teorico che pratico. In questo modo è possibile guadagnare 6 punti (fatta eccezione per le patenti professionali che possono arrivare fino a 9 punti). Nel caso infine in cui si dovessero perdere tutti i punti, l’unica soluzione possibile sarà sostenere di nuovo l’esame di guida, poiché la perdita di tutti i punti determina la revoca automatica delle patente.

Sanità: la nuova legge Gelli non sarà una passeggiata

Sanità: la nuova legge Gelli non sarà una passeggiata

Comincia a emergere anche qualche perplessità sulla recente Legge Gelli che vuole normare i temi delle tutele sanitarie rispetto a inadempienze e colpe degli operatori, delle strutture preposte verso i pazienti, i rapporti con le compagnie assicurative e la gestione dei contenziosi. Non tanto rispetto alle coperture per i pazienti o i medici e paramedici, quanto rispetto al possibile complicarsi degli scenari nella risoluzione dei sinistri e al moltiplicarsi delle fattispecie che diverranno materia di possibile giudizio.

Molto dipenderà infatti da quale linea decideranno di adottare i danneggiati rispetto alla triangolazione paziente, operatori, strutture. Ci saranno i casi nei quali i pazienti che riterranno di aver subito un danno per inadempienze, colpe più o meno gravi si indirizzeranno direttamente alla compagnia assicurativa della clinica o ospedale in cui hanno ricevuto prestazioni, ma i procedimenti potranno coinvolgere, oltre alla struttura sanitaria, anche i singoli operatori medici e paramedici con le rispettive compagnie assicurative. Considerata andrà anche la possibile “rivalsa” che le strutture potranno mettere in atto nei confronti dei medici stessi, come quella che le compagnie potranno attivare verso i propri assicurati.

Pazienti e medici
Il danneggiato potrà infatti decidere di agire anche direttamente verso il medico, vuoi per motivi di rapporti personali diretti o perché riterrà che il tipo di copertura assicurativa adottata dalla struttura in cui ritiene di aver subito un danneggiamento non sia idonea a risarcirlo adeguatamente.
Ci sarà poi la possibilità di avvalersi di una mediazione o di ricorrere, da parte del paziente, al cosiddetto Atp (accertamento tecnico preventivo), con profili di costi e oneri differenti a seconda dei frangenti.

L’operatore sanitario tutto sommato vedrà migliorare il proprio profilo di rischio, sono previsti limiti alle azioni di rivalsa che rendono meno semplice il coinvolgimento di chi opera all’interno delle strutture, quello con il paziente è definito come un rapporto extra-contrattuale quindi ad egli attribuisce l’onere della prova, in un quadro temporale di cinque anni per l’eventuale prescrizione. Dalla colpa grave comunque i medici sono tenuti a tutelarsi.

Le compagnie

L’impatto sul mondo delle compagnie è già ora quello di un aumento dei prodotti assicurativi proposti ai medici, ma con un aumento dei costi assicurativi a carico anche delle strutture sanitarie, cosa che potrà comportare un inasprirsi dei cosiddetti “costi sociali”. Nei bilanci delle aziende sanitarie poi la disponibilità di risorse per affrontare l’adozione di un sistema di risk management adeguato alle indicazioni del nuovo quadro normativo è tutt’altro che scontata. Il processo di adeguamento quindi non sarà probabilmente né semplice né immediato. Anzi, in un possibile quadro di difficoltà di rapporti nel contrarre accordi fra strutture e compagnie è ipotizzabile che aumentino le forme così dette di auto-assicurazione, che negli intenti della legge dovrebbero invece sparire progressivamente.

Rispetto all’area sinistri, i profili causali in sanità non sono gli stessi del mondo delle RC auto portato a riferimento dai legislatori e nella richiesta di risarcimento l’obbligo di offerta da parte delle compagnie non tiene conto della loro maggiore complessità. Ciò anche in riferimento alle eccezioni non opponibili al “terzo danneggiato” per le compagnie stesse, che vedranno in alcuni casi la loro possibilità di tutelarsi verso il medico maggiormente limitata dalla nuova legge. E senza ricorso alla rivalsa scatta per le assicurazioni un potenziale rischio credito.

L’estensione della retroattività potrebbe portare nel breve periodo a un aumento dei costi assicurativi per le strutture sanitarie. Si tende a vedere invece come positivo l’impatto delle disposizioni nuove sulle cartelle cliniche, così importanti per ricostruire i sinistri, oltre al riferimento alle tabelle di risarcimento per il danno biologico.
Certo, una volta entrati a regime tutti i nuovi criteri di gestione del rischio nelle strutture, è probabile un complessivo miglioramento dell’intero settore della responsabilità sanitaria.