Tutto si può assicurare
L’esempio della polizza di 50 mln di dollari della Disney sull’attrice Carrie Fisher come spunto per una riflessione sulla cultura della gestione del rischio. Fino a scoprire che i player assicurativi sono sempre più votati a un ruolo di motore di prevenzione e corretti stili di vita come partner dell’ecosistema socio-economico
Carrie Fisher, amata principessa Leia (o Leila) della saga di Star Wars, è come tutti sanno mancata il 27 dicembre in conseguenza di un infarto occorsole durante un volo fra Londra e Los Angeles. Ha aggiunto struggimento per tutti il fatto che la madre, la celebre attrice Debbie Reynolds, sia spirata il giorno immediatamente successivo. Una suprema drammaturgia poetica ha voluto suggellare la fine delle due artiste in modo commovente, dando forza simbolica e rappresentativa ulteriore alla loro ultima uscita di scena.
La vicenda, nella sua spettacolarità narrativa da sequenza cinematografica, offre un risvolto che ci trasferisce di botto su un piano di tutt’altro genere, all’insegna del pragmatismo anglosassone. Il sito web londinese “Insurance Insider” ha infatti diramato una notizia, poi ripresa dal Daily Telegraph e altre testate, a proposito della polizza assicurativa da 41 milioni di sterline (circa 50 milioni di dollari) che la Disney, che possiede la Lucasfilm e il franchise di Star Wars, aveva stipulato con i Lloyds di Londra sulla vita dell’attrice scomparsa.
Legata da decenni alle vicende dell’epopea concepita da George Lucas – che ne ha venduto i diritti alla Disney nel 2012 per 4 miliardi di dollari, dissentendo da come il colosso produttivo voleva sviluppare i successivi episodi – Carrie Fisher rappresentava un elemento iconico troppo forte: se per qualche motivo non avesse potuto continuare a legare la propria figura alla saga, secondo la Disney avrebbe messo a rischio la tenuta in termini di suggestione e attrattiva verso i fan dei futuri episodi previsti.
Di qui la decisione di stipulare una polizza ad hoc che fa venire in mente altre simili coperture che il mondo assicurativo permette, come quella del cosiddetto “uomo chiave” che grandi aziende possono attivare “sulla testa” diciamo così di qualche figura fondamentale del proprio staff, o vengono accese sull’attività di campioni dello sport appartenenti a prestigiose società e via dicendo.
Gestione del rischio, un cambiamento epocale
Il concetto è insomma “tutto si può assicurare”. Al punto che in certi paesi esteri sono possibili addirittura polizze assicurative che coprono per esempio le spese legali e risarcitorie comminate a criminali riconosciuti colpevoli di determinati reati, o ad aziende ree di attività illegali non conformi alle norme e procedure.
Il mondo assicurativo offre cioè un fronte di possibili tutele sempre più variegato e capace di rispondere a molte esigenze di sicurezza e qualità della vita delle persone, dei soggetti aziendali, istituzionali, della società. In Italia la cultura del “Risk management”, la gestione del rischio, deve ancora fare molta strada. Deve aumentare la consapevolezza dell’importanza di determinati strumenti che le compagnie possono mettere a disposizione della clientela, poiché esse stanno diventando sempre più soggetti attenti ad aspetti sostanziali della vita delle persone, dell’esistenza, nell’ottica del servizio. In un modo cioè che porta ricadute positive anche a monte del verificarsi di determinati fatti critici e sinistri, direttamente sulla qualità della vita e delle prassi della nostra quotidianità, in chiave quindi anche preventiva e migliorativa. Il mondo assicurativo si sta evolvendo e si propone sempre più come vero e proprio partner dell’ecosistema socio-economico. Un’evoluzione che porterà quindi a valorizzare anche la prevenzione, indirizzando abitudini e comportamenti virtuosi e stili di vita più sani.